Ormai è certo: l’AirAsia QZ8501 si è inabissato nelle acque del Mare di Giava portandosi dietro 162 vite che si sono interrotte tragicamente. Mentre si cerca di recuperare i corpi che la carcassa del velivolo ha lasciato tornare in superficie parlano coloro che si sono salvati da morte certa ovvero i passeggeri di quel volo che non sono saliti su quella scaletta per una serie di casualità e ora guardano agghiacciati quelle acque che cullano i troppi morti.
Chandra Susanto è un uomo indonesiano che, insieme alla moglie Inge e i loro tre figli, tutti sotto i 10 anni, aveva programmato una vacanza a Singapore da quasi un anno. Era da ben nove mesi che la famiglia aveva acquistato quei biglietti e attendeva quella vacanza alla quale, però, ha dovuto rinunciare a causa della malattia del nonno.«Abbiamo saputo del disastro solo quando ci ha telefonato mia sorella, nel panico, per accertarsi che stessimo bene. Sono riconoscente a Dio per la sua misericordia. Ma al tempo stesso sono immensamente triste e dispiaciuto per chi era a bordo».
Un’altra famiglia, anch’essi indonesiani, composta da ben 10 persone si è salvata per un motivo ben più futile e ancor più casuale: hanno sbagliato l’orario di partenza dell’aereo. Una mail avvisava tutti i passeggeri che il volo era stato anticipato di due ore ma nessuno fra i 10 componenti della famiglia l’ha letta arrivando quindi in aeroporto quando l’imbarco era già chiuso. Quando hanno saputo della tragedia hanno deciso di non decollare con alcun volo sostitutivo.