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Amazzonia brucia, il “polmone verde” della terra devastato: cosa sta accadendo

23/08/2019 11:10 - Aggiornamento 23/08/2019 11:23

L’Amazzonia brucia. L’enorme polmone della Terra sta andando in fumo. In fiamme Rondonia, Acre, Amazonas, Mato Grosso, e anche Parà, lo stato da sempre teatro di aspri conflitti. L’allarme però era già stato lanciato: secondo l’Inpe, l’istituto nazionale incaricato di monitorare attraverso i satelliti e gli aerei radar tutta l’Amazzonia, da gennaio ad oggi sono stati bruciati 320.000 ettari di foresta, che corrisponde all’80% in più rispetto allo stesso periodo nel 2018.

Amazzonia brucia, il “polmone verde” della terra devastato

Tutto il mondo è in apprensione: «A causa della deforestazione, la foresta amazzonica nel territorio brasiliano sta perdendo una superficie equivalente a oltre tre campi da calcio al minuto e siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno per quello che, non solo è il più grande serbatoio di biodiversità del Pianeta, ma rappresenta uno dei pilastri degli equilibri climatici!», ha spiegato in un comunicato il WWF. Ma come scrive Emiliano Guanella su “La Stampa” la metafora dei campi da calcio non rende quella che è la drammatica situazione in Amazzonia, l’entità del disastro: “Meglio pensare a 3 volte la superficie del comune di Roma o a tutta la Val d’Aosta. A preoccupare, poi, è la curva crescente di agosto, che coincide con uno dei periodi più secchi dell’anno”. L‘incendio ha avvolto Acri, Rondônia, Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, comprese le aree dell’Amazzonia e del Pantanal. Oltre 20 mila ettari di vegetazione.

Polemiche tra il presidente brasiliano Jair Bolsonaro e le ONG

E mentre l’Amazzonia brucia, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha rilasciato dichiarazioni molto forti che hanno suscitato enormi proteste sui social e nelle piazze: «Non chiedetemi le prove, ma ci sono forti indizi che a provocare gli incendi di questi giorni siano state le Ong ambientaliste. Hanno perso i fondi statali e per questo stanno seminando il panico, danneggiando così l’immagine del nostro Paese». Ovviamente non c’è alcuna prova, nessun documento: «Potrebbero essere stati anche gli agricoltori? Certo, tutti sono sospettabili, anche gli indios: ma secondo me, vi ripeto, le Ong sono in cima alla lista». E immediata è arrivata la replica degli attivisti: «Bolsonaro non accetta la responsabilità di quello che semina e accusa le uniche istituzioni che cercano di fermare questa tragedia!». Si tratta di polemiche sterili che di fatto spostano l’attenzione su quello che è l’unico vero problema: l’Amazzonia che continua a bruciare. Intanto numerosi gli appelli, anche tra le star, per quello che è comunemente definito il “polmone verde” del pianeta. Non riguarda il solo Brasile, ma tutti noi: la foresta pluviale amazzonica, che produce il 20% dell’ossigeno del nostro pianeta, è in fiamme ed crisi internazionale.

Amazzonia brucia, la denuncia di una donna di etnia Pataxò: «Noi non staremo zitti!»

Non si tratta tuttavia solo di questo, c’è dell’altro: «Il saccheggio dell’Amazzonia e delle sue straordinarie risorse – afferma Isabella Pratesi, responsabile di Conservazione del WWF Italia – è accompagnato da un drammatico aumento delle violenze verso le popolazioni indigene che vivono in quei territori. Cacciate dalle loro foreste, assassinate e torturate per il commercio di legna, miniere d’ oro, pascoli o coltivazioni, le tribù amazzoniche sono le prime vittime di un efferato crimine contro l’umanità e il pianeta rispetto al quale i nostri occhi e le nostre orecchie rimangono sigillati!». In tal senso è eloquente la denuncia di una donna indigena, postata su Twitter e raccolta da “Sky tg24”: «Ecco come bruciano le nostre terre. Stanno uccidendo i nostri fiumi  le nostri fonti di sostentamento e ora hanno dato fuoco alla nostra riserva. Domani chiuderemo le strade e voglio tutti i media qui per vederlo. Noi non staremo zitti!», ha spiegato la donna di etnia Pataxó, che ha poi aggiunto: «Stanno deliberatamente accendendo fuochi nella foresta amazzonica per disboscare illegalmente le terre degli indigeni!».

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