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Anniversario strage Costa Concordia: l’Italia di oggi

12/01/2013 12:34 - Aggiornamento 12/01/2013 15:59

La grande nave è ancora lì, ferita a morte, adagiata su un fianco a poche decine di metri dal porto dell’Isola del Giglio. E vi resterà almeno fino all’autunno prossimo.

schettino costa concordia

C’è il Paese dei furbetti, quello degli ‘Schettino’, il bullo di periferia che è il simbolo della nostra inefficienza e della nostra vigliaccheria. Causa il naufragio e abbandona la nave. E con il tempo rialza la cresta. C’è l’Italia degli amici  e degli amici  degli amici, dei favori fatti sotto banco. L’Italia delle riverenze interessate e degli inchini di uomini e navi.

Purtroppo c’è l’Italia delle morti che chiedono giustizia, delle famiglie accartocciate in un dolore tanto forte quanto l’assurdità di una tragedia che è un inno all’imbecillità.

C’è il Paese delle associazioni delle vittime di una nuova strage. Contesti e cause diverse, ma la memoria torna a Piazza Fontana 1969, a Piazza della Loggia 1974, all’Italicus 1974, alla Stazione di Bologna 1980, al Rapido 904 del dicembre 1984 al Moby Prince 1991 ne su su fino alla stretta attualità.

C’è anche l’Italia televisiva, quella dei reality e del turismo della morte, dei curiosi che nei fine settimana successivi alla tragedia vanno sull’Isola per vedere da vicino il relitto. Al dolore e alla tristezza di aggiunge l’immoralità del Paese del Grande Fratello. Immoralità allo stato puro.

Per fortuna, però c’è anche l’Italia della brava gente. Che forse oggi è in minoranza, ma che non si arrende. E’ quella del capitano di fregata Gregorio De Falco che dalla Capitaneria di Porto di Livorno intima a Schettino di tornare a bordo della nave che affonda. C’è il cuore grande dei gigliesi che aprono le loro case ai naufraghi.

Gli abitanti dell’Isola, che domani saranno insigniti dalla medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. C’è la Chiesa vera, a misura d’uomo che apre accoglie i superstiti e mette in pratica i precetti cristiani. E’ la chiesa di Don Lorenzo, parroco dell’Isola.

C’è il cuore grande di Mario Pellegrini, vicesindaco dell’Isola del Giglio che si precipita sulla nave per salvare i naufraghi e, lui sì, è l’ultimo ad abbandonare la Costa Concordia.

E’ passato un anno, ma qui nessuno dimentica. E non dimenticherà neanche quando il relitto della Costa Concordia sarà trasportato altrove per le demolizione. Perché un Paese che non ha la memoria del proprio passato, non può che avere un futuro incerto.