«Antonello Falqui è il più grande professionista che io abbia incontrato. Costringeva per esempio noi autori a stare in studio anche se provava il balletto. Erano altri tempi per la televisione!», con queste parole Maurizio Costanzo ha ricordato Antonello Falqui, il papà del varietà, scomparso ieri sera, venerdì 15 novembre 2019. Il regista romano se ne è andato a 94 anni, lasciando al suo pubblico quella sana dose di leggerezza e ironia, che ha caratterizzato tutta la sua vita. E chi lo conosceva non si è stupito poi così tanto del post singolare apparso sui suoi profili social a poche ore dalla morte: «Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio, potete venire a salutarmi lunedì 18 novembre alle 11 alla chiesa di Sant’Eugenio a viale Belle Arti a Roma».
È morto Antonello Falqui: addio al papà del varietà
Antonello Falqui è stato molto più che un semplice regista: ha rivoluzionato il modo di fare televisione, spalancando una porta al teatro di rivista, che registrava all’inizio degli anni ’50 i primi rantoli; ha lavorato con i più grandi, anzi diciamo pure, che ha lavorato praticamente con tutti. «Non volevo alfabetizzare il Paese come il maestro Manzi, ma solo intrattenerlo con grazia ed eleganza. Così provai a trasformare la tv e spostai in quel contenitore il teatro di rivista, già declinante all’inizio degli anni ’50. L’avanspettacolo lo conoscevo bene. Facevo sega a scuola per andare a vedere Rascel al Bernini. Era fantastico. Evadeva dalla classica corrente del comico!», aveva raccontato Falqui a Malcom Pagani su “Il Fatto Quotidiano” qualche anno fa. E proprio di quell’intervista così “irriverente”, per certi versi “scomoda”, riportata da “Dagospia”, vogliamo scrivere. Perché forse non esiste un modo più giusto di ricordare qualcuno, se non quello di lasciare che parlino per lui la sua arte e le sue parole. In quell’intervista Antonello Falqui ha parlato, a ruota libera, degli artisti con cui aveva diviso il palcoscenico. Senza troppi fronzoli, senza la necessità di abbellire la verità, un vezzo forse che possono permettersi soltanto i grandi una volta divenuti adulti.
«La tv di oggi? Robaccia»,”Canzonissima”, “Studio Uno” e “Milleluci” le sue creature
«Invecchiare disturba, ma avendo iniziato a riflettere sul senso della fine già un quarto di secolo fa, non mi farò sorprendere!», aveva detto Antonello Falqui, che non apprezzava affatto la televisione degli ultimi tempi: «La robaccia che propongono in tv evapora» aveva spiegato e parlando di Canzonissima, Studio Uno e Milleluci, aveva aggiunto: «Le trasmettono di nascosto, alle 3 di mattina e li capisco. Era un’altra tv. Un’altra civiltà. Un’altra cultura. Non vogliono avere raffronti. Altrimenti la gente penserebbe ‘ma si sono rincoglioniti?». In questi termini Falqui aveva raccontato il suo arrivo in Rai nel ’52: «Sandro Pugliese, il direttore dei programmi della Rai di allora, era molto amico di mio padre. Si lamentava: “Ho solo verbosa gente di teatro qui. Teorici e parolai. Non c’è nessuno che curi l’immagine”. Non me lo feci ripetere e corsi a Milano per sperimentare. Firmai da regista la prima trasmissione in assoluto della tv di Stato. Si intitolava “Arrivi e partenze”.
«Con Nureyev arrivai quasi alle mani», aveva fama di essere decisionista
E così giustificava di aver lasciato relativamente presto la tv: «Non c’erano più i miei dirigenti e non c’era più la mia Rai. Quella in cui per varcare il profilo del Cavallo si veniva sottoposti a un esame difficilissimo ed era richiesto il sapere. Oggi dominano incompetenza, cooptazioni politiche e raccomandati. Purtroppo si vede. Ed è un peccato. Sa cosa è stata la tv per gli italiani? Una manna. Un aiuto dal cielo. Li ha resi svelti, gli ha insegnato a leggere e a scrivere, gli ha aperto le teste. Ora gliele sta richiudendo!». Aveva fama di “essere decisionista”, Falqui era uno preciso, che pretendeva molto dai suoi collaboratori, ma che sapeva anche farsi volere bene. Eppure una volta arrivò quasi alle mani: «Con Nureyev però, faccia a faccia, venimmo quasi alle mani. Era leggiadro, ma aveva un culo molto grosso e detestava essere ripreso da dietro. Gli spiegai che seguire un ballerino che volteggia senza immortalare le terga era impossibile, ma quando si rivide, perse la testa, si incazzò e gettò un cappuccino caldo sul monitor. I cameraman commentarono ad alta voce: “Anvedi questo”. Poi si avvicinarono truci. Lo volevano ammazzare. Io anche!».
Antonello Falqui ha lavorato con tutti… Tranne che con Pippo Baudo
Quando ho scritto in apertura che Antonello Falqui ha lavorato con tutti non ho detto proprio la verità. Debbo correggere il tiro: Antonello Falqui ha lavorato con tutti, tranne che con Pippo Baudo. «Lui racconta sempre l’episodio della sua bocciatura con la pretesa di ironizzare. Dice: “La lungimiranza di Falqui, figuratevi, mi respinse”. Rivendico la scelta. Lo bocciai perché non bisogna pensare al Baudo di oggi. Parlava siciliano stretto, era cafone e volgare, nulla a che vedere con quello di oggi. Con Baudo non ho mai lavorato. Lui non si capacitava: “Hai lavorato con tutti e non con me” e io, calmissimo, senza emozione: “Perché io e te non abbiamo nulla da dirci”», aveva spiegato il noto regista, a cui è dedicato il film del 1991 Il Conte Max.