Per tanto tempo è stato considerato non soltanto un fuoriclasse nel mondo del calcio, ma anche un sex symbol. Stiamo parlando di Antonio Cabrini, allenatore ed ex difensore, campione del mondo con la nazionale italiana nel 1982. Distintosi per l’innata classe, dentro e fuori dal campo, il 61enne cremonese ha rilasciato una lunga intervista al settimanale “Vero”, in cui ha parlato della sua gloriosa carriera sportiva, come pure di alcuni retroscena inediti legati a quando militava nella Juventus. Una chiacchierata spassosa, a tratti anche piccante.
Antonio Cabrini: «Le ammiratrici? Una volta fuori dall’hotel mi hanno strappato i vestiti di dosso!», poi svela aneddoto su Zeffirelli
Nell’immaginario collettivo Cabrini ha rappresentato il “Bell’Antonio”, uno status di play boy, che all’inizio gli ha scritto qualche imbarazzo: «È stato un po’ fastidioso. Ero un ragazzo di diciotto anni che giocava a calcio e il mio obiettivo principale era fare bene il mio lavoro. Dopo il Mondiale in Argentina (…) la mia immagine funzionava a livello di marketing e sponsor. Così dopo un primo momento di diffidenza, ho cominciato a cavalcare la cosa!», ha spiegato Antonio Cabrini, che ha poi confessato una delle tante follie delle sue numerose ammiratrici: «Ricordo una trasferta con la Juventus a Campobasso. Il bus ci lasciò a cinquanta metri dall’hotel che ci ospitava, davanti a migliaia di persone. Entrai nella hall con i vestiti strappati e le mani piene di cuori d’oro!». L’ex calciatore ha confidato che c’era una persona preposta per rispondere alle lettere delle fan: «Lo ammetto: mia mamma. Dovendo giocare non riuscivo a rispondere a tutte le ragazze che mi scrivevano e quindi le chiesi di occuparsene. Le ho conservate tutte!», ha ammesso Cabrini, che è stato corteggiato anche da alcuni importanti registi per lavorare al cinema. «Il maestro Franco Zeffirelli mi aveva contattato per il ruolo di protagonista in ‘Gesù di Nazareth’, ma non me la sono sentita perché non era il mio lavoro. Non nego però che la proposta mi abbia lusingato!».
«Enzo Bearzot è stato un papà, più che un allenatore!»
A detta di Antonio Cabrini se la sua vita fosse un film sarebbe un «thriller, pieno di colpi di scena, un po’ quello che accade sui campi da calcio». E pensare che il suo esordio da difensore non è stato caldeggiato appieno dai familiari: «Mio padre non era molto contento: avendo un’azienda agricola in provincia di Cremona sperava lavorassi con lui. Mi madre, invece, mi ha supportato subito, accompagnandomi anche ai provini!». Sempre a proposito della carriera, Cabrini ha spiegato che l’allenatore a cui deve di più è Enzo Bearzot, «un papà, più che un allenatore. Un grande personaggio che non dimenticherò mai». La partita memorabile? «La finale tra Italia e Germania Ovest del’82. È stata importante non solo per la vittoria sportiva: quella partita ha fatto un po’ da spartiacque per il nostro paese, che usciva dal periodo buio delle Brigate Rosse e, grazie al calcio, ha vissuto un momento d’oro e di rinnovata unione!», ha dichiarato Cabrini, che ha concluso: «Poi mi piace ricordare anche il primo trofeo vinto a 15 anni con la Cremonese contro la Juventus!».