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Antonio Logli carcere, lettera piena di rabbia a Quarto Grado: «Io vittima di una giustizia sorda»

Caso Roberta Ragusa, Antonio Logli news: una lettera piena di rabbia, scritta in carcere, indirizzata alla redazione di Quarto Grado è stata resa pubblica nella puntata di venerdì 4 ottobre. Il marito di Roberta Ragusa, condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione per l’omicidio della moglie, è molto amareggiato ma sempre combattivo. Pieno di rabbia, com’è lui stesso a rimarcare nella missiva in oggetto.

Caso Roberta Ragusa

Antonio Logli non contiene la sua rabbia: dura lettera dal carcere

«Io vittima di una giustizia sorda», così Antonio Logli nella missiva indirizzata a Gianluigi Nuzzi e Francesca Carollo, da lui scelti – dopo anni durante i quali si era trincerato dietro un imperscrutabile silenzio – come unici interlocutori nei mesi precedenti il verdetto della Cassazione per difendersi dalle gravi accuse di omicidio volontario e distruzione di cadavere ai danni della moglie, scomparsa la notte a cavallo fra il 13 e14 gennaio 2012. Antonio Logli – trapela dalle sue parole scritte – è molto amareggiato e arrabbiato perché «questa condanna, tremendamente ingiusta, ha scatenato in me, in quanto innocente, una rabbia profonda. Ma soprattutto ha condannato i miei figli a vivere senza un padre». Logli sostiene di essere stato condannato dalla opinione pubblica, anche a causa della stampa e «grazie alle false notizie dei giornali e delle », ancor prima che i tribunali si pronunciassero nei suoi confronti.

Roberta Ragusa news processo logli

 

Antonio Logli si sfoga: «Io condannato per il mio ghigno»

«Io condannato per quello che ho detto, che non ho detto … per l’espressione del mio viso». Una sorta di ‘sentenza lombrosiana’, quella cui fa riferimento Logli, che per il suo “ghigno” dinnanzi le telecamere per tanti avrebbe avuto la faccia da ‘colpevole’ a prescindere dai processi e le eventuali prove a suo carico. Che quello sul caso Roberta Ragusa sia stato un processo indiziario non vi sono dubbi: manca un corpo, quindi la prova della morte della donna e ancor più la certezza che sia stata uccisa. Gli indizi emersi nelle indagini hanno tuttavia portato i giudici di tre tribunali alla convinzione che sia stato lui ad uccidere la moglie. Accusa che Antonio Logli ancor oggi rigetta con forza, convinto che gli inquirenti abbiano indagato ‘a senso unico’ contro di lui, trascurando invece altri elementi, piste investigative. Una giustizia sorda che non ha voluto ascoltare ben due testimoni, scrive Logli: «Filippo Campisi e Cinzia Palagi, che hanno urlato a gran voce le loro testimonianze. Il primo ha visto Roberta uscire dal cancellino di casa la sera della sua scomparsa, salire su un Suv di colore scuro con a bordo un uomo, e dirigersi verso Pisa; l’altra l’ha vista il giorno dopo, al Supermercato di Madonna dell’Acqua …». «Lotterò fino alla fine per dimostrare la mia innocenza», conclude.

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