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Argentina, bambina di 11 anni violentata dal “nonno” e costretta a partorire: «Toglietemi quello che mi ha messo nella pancia!»

Incinta a 11 anni, dopo essere stata violentata dal compagno 65enne della nonna, e costretta a partorire. Obbligata perché le autorità si sono rifiutate di concederle l’interruzione di gravidanza a cui aveva diritto. Siamo in Argentina, un paese in cui dal 1921 l’aborto è ammesso soltanto in due casi: se la gravidanza è il risultato di uno stupro e se la madre è in pericolo di vita. In realtà nel 2018 il paese si era mosso e si era pensato ad una legge per legalizzare l’aborto fino a 14 settimane, una misura che era stata adottata dalla Camera dei deputati, ma non è passata al Senato, influenzato probabilmente dalle pressioni della Chiesa. La vicenda della piccola undicenne, chiamata dai media locali col nome di fantasia Lucia, per tutelarne la privacy, ha riacceso nuovamente i riflettori su una questione che in Argentina appare oggi più che mai urgente: perché se a Buenos Aires una donna ricorre all’aborto clandestino rischia il carcere.

Argentina, Lucia vittima di stupro e costretta a partorire

La vicenda di Lucia è singolare per una serie di motivi che mi accingo a raccontare, ma questo non ha impedito che diventasse nel paese il simbolo della libertà di scelta negata alle donne. Soledad Deza, rappresentante dell’associazione Women for Women, che tra le prime ha denunciato il caso dell’undicenne, ha spiegato: “Quella bimba non solo è stata vittima di stupro e per questo ha già tentato di uccidersi due volte, ma correva gravi rischi per la sua salute nel portare avanti quella gravidanza». Lucia era rimasta incinta dopo essere stata stuprata dal compagno della nonna alla quale era stata affidata nel 2015 perché si era scoperto che le sue due sorelle maggiori erano state abusate dal partner della madre. Sfuggita allo «stupro» per trovare un altro. Una visita fatta il 28 gennaio presso un centro di primo soccorso della sua città, nella provincia di Tucumán, dove era stata portata per dolori all’intestino, aveva rivelato la terribile verità: la bambina era incinta alla 19esima settimana. Era stata sottoposta così ad altri accertamenti fino al ricovero lo scorso 11 febbraio per i rischi legati alla gravidanza, ma soprattutto perché aveva tentato di togliersi la vita. Secondo quanto riportato dai media locali, gli avvocati e la madre di Luca, si erano così prodigati per richiedere l’applicazione del protocollo ILE, quella misura di cui esposto in apertura che prevede l’aborto in Argentina soltanto in caso di stupro o di pericolo di vita.

«Invece di applicare il protocollo ILE si sono dedicati a romanzare la maternità!»

Purtroppo per la piccola però Tucumán è una delle province dell’Argentina che non aderisce al protocollo ILE, proprio perché si è dichiarata “provincia a favore della vita”. Pressioni e tentativi di persuadere la bambina hanno preso il sopravvento, ritardando la procedura. Secondo quanto riportato dal legale della famiglia la decisione di Lucía e di sua madre sarebbe stata ostacolata in modo invasivo: «Invece di applicare il protocollo ILE si sono dedicati a romanzare la maternità. Le hanno mostrato l’ecografia, le hanno accarezzato la pancia, le hanno parlato di cosa significasse essere una madre, anche se lei non voleva esserlo». Difatti sin dalle prime visite in ospedale l’undicenne non aveva fatto altro che ripetere ai medici: «Toglietemi quello che mi ha messo dentro quel vecchio!». Tra i contrari all’aborto il responsabile sanitario di Tucumán, che in un’intervista radiofonica aveva affermato: «Sono vicino sia al bambino che a sua madre, il feto vuole continuare la sua gravidanza!». Così martedì scorso, alla 23esima settimana, all’ospedale Eva Peròn la bambina è stata sottoposta ad un parto cesareo di urgenza. Lucia ora è in buone condizioni, il feto di cinque mesi meno, pesa appena 660 grammi e i medici escludono che possa sopravvivere. Sulla questione è intervenuto anche il governatore di Tucumán, Juan Manzur, che ha spiegato che il bambino è stato usato per scopi politici: «Per ragioni elettorali le autorità hanno impedito l’interruzione legale della gravidanza e hanno costretto la bambina a partorire. Le mie gambe tremavano quando la vedevo, era come vedere mia figlia più piccola. La bambina non ha capito affatto cosa stava per succedere».

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