Tremori, vertigini, senso di soffocamento e paura di morire sono solo alcuni dei sintomi degli attacchi di panico. Si tratta di un disturbo d’ansia sempre più diffuso in Italia e all’estero e negli ultimi anni la comunità scientifica ha cominciato a interrogarsi su quali siano le cause scatenanti. Sono stati distinti due fattori principali capaci di innescare le crisi: psicologico e biologico. Proprio il secondo è oggetto di studio da parte dei ricercatori, in quanto le ultime scoperte suggeriscono che il problema risieda primariamente in uno squilibrio chimico del cervello. Non si hanno ancora prove certe e indiscutibili, ma tutte le ricerche scientifiche sembrano convergere su questa ipotesi: l’attacco di panico non è un capriccio, ma ha un’origine chimica, biologica e genetica.
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Partendo dall’età adolescenziale, ad esempio, è stato scoperto tramite uno studio che ha coinvolto 1050 soggetti di età compresa fra 3 e i 21 anni come nei soggetti con attività frontolimbica alta vi è una maggiore possibilità di insorgenza degli attacchi di panico e dei disturbi d’ansia a partire dai 12 anni. Un altro studio, questa volta pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Neuroscience, ha messo in luce il ruolo della Dinorfina; si tratta di una sostanza prodotta dal nostro cervello e che come scopo principale ha proprio quello di attenuare gli stati ansiosi. Secondo lo studio, infatti, a bassi livelli di Dinorfina si associa un più alto rischio di crisi d’ansia e di panico. Un’altra ipotesi scientifica considera invece il ruolo dell’Amigdala: consiste in una struttura posta in entrambi gli emisferi del nostro cervello ed è stato dimostrato che un suo malfunzionamento – identificato come ipersensibilità dell’Amigdala – comporta un rischio molto alto di incorrere in stati d’ansia e attacchi di panico.
Anche i neurotrasmettitori sono alla base di squilibri chimici nel nostro cervello, alcuni di questi, come la dopamina, la serotonina, la noradrenalina e l’acido gamma-aminobutirrico regolano l’umore e le emozioni: un loro scompenso, dunque, potrebbe generare facilmente episodi di ansia e panico o anche depressione. Infine, un altro studio a favore della tesi è quello dello scienziato Alexander Neumeister: secondo il suo studio, un deficit o una riduzione del recettore neurochimico 5HT1A di circa un terzo rispetto ai valori standard nel cervello, potrebbe essere una causa scatenante degli attacchi di panico.