L’attentato terroristico al Charlie Hebdo che ieri ha profondamente scosso tutta l’Europa e tutto il mondo occidentale ha ucciso 12 persone. Ma chi erano davvero? Proviamo a dare un nome ed un volto ad ognuno di loro, andando al di là della freddezza dei numeri, per scoprire che proprio tra quei numeri (inizialmente dieci, poi undici, infine dodici) c’erano dei padri, dei figli, degli amici, o più semplicemente dei professionisti stimati:
Del vignettista e direttore Charb, e della sua vignetta premonitrice, avevamo già scritto ieri: Stéphane Charbonnier viveva da anni sotto la minaccia di morte eppure non aveva rinunciato ad un atomo della sua dissacrante indole satirica. Era minacciato dai fondamentalisti islamici (nel 2011 un incendio aveva distrutto la redazione, poco prima che uscisse in edicola il numero di “Charia Hebdo“, dedicato alla vittoria elettorale degli islamisti in Tunisia) ed aveva subito diverse intimidazioni, ma non si era mai arreso: “Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho un’automobile, non ho debiti. Forse potrà suonare un po’ pomposo– aveva dichiarato in un’intervista del 2012 che sta spopolando nel web- ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio“. Ed è stato ucciso, a 47 anni, per qualche disegno, da chi non ha avuto l’intelligenza di capire che Charlie Hebdo non fosse una rivista anti-islamica e che, per usare ancora le parole di Charb, “possiamo sorridere su tutto: è la più grande prova di libertà e democrazia“. Con lui è morto anche il poliziotto neanche 50enne che lo proteggeva, Franck Brinsolaro.
Di anni, invece, il vignettista Jean Cabut ne aveva 76: Cabu, questo il suo nome d’arte, disegnava con una tecnica quasi fotografica da quasi sei decenni e non aveva mai risparmiato nessuno; presidenti, esercito, religione. Aveva creato la serie dei “Beaufs“, dipingendo una categoria di francesi lamentosi, razzisti e sciovinisti ed era diventato famoso con il “Grand Duduche“, uno studente nerd, alto e con gli occhialini tondi simili a quelli del suo autore; ma erano state le vignette su Maometto pubblicate su Charlie Hebdo nel 2006 a provocare incessanti minacce di morte: “I vignettisti vivono della stupidità – diceva- e questa non regredisce“.
Georges Wolinski, 80 anni, era uno dei più grandi disegnatori satirici d’Europa, celebre anche in Italia da quando, negli anni ’70, Oreste Del Buono e la Milano Libri avevano cominciato a pubblicarne le vignette su “Linus“. Wolinski amava il sesso, le sue vignette erano intrise di un erotismo scorretto, spesso volgare ed alcune delle sue battute (“Bisogna migliorare la condizione della donna: per esempio ingrandendo le cucine, abbassando i lavelli o isolando meglio i manici delle pentole“) gli avevano provocato accuse di maschilismo. “L’omicidio di mio marito è una guerra contro la libertà e questa guerra la dobbiamo vincere” avrebbe detto la moglie Maryse. Su Instagram, invece, l’omaggio commovente della figlia: una foto con una scrivania vuota e la scritta “Se n’è andato papà , non Wolinski“.
Tignous, vignettista di 57 anni, “era forse il meno famoso dei quattro vignettisti-star di Charlie Hebdo, ma era altrettanto caustico dei suoi colleghi” scrive il Messaggero, riportando due esempi: la copertina di Charlie Hebdo dedicata a Gerard Depardieu pronto a scappare in Belgio per non pagare le supertasse francesi (“Può il Belgio accogliere tutto il colesterolo del mondo?” si legge accanto al faccione dell’attore) e quella sulla primavera araba (“Dopo la primavera araba, l’estate araba” con una giovane donna in topless con il viso nascosto da un hijab).
Nell’attentato sono morti anche Bernard Maris– detto Zio Bernard, economista ed editorialista, Michelle Renaud, ospite della redazione, Philippe Honorè, disegnatore, Mustapha Ourrad, correttore, Ahmed Merabet, poliziotto, Michel Renaud, fondatore di Carnet de Voyage, Frederic Boisseau, responsabile della manutenzione, Elsa Cayat, analista e giornalista. Ecco le foto che ritraggono Charb, Cabu, Tignous e l’omaggio della figlia di Wolinski al proprio papà :