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Caso Cucchi, il capo della Polizia Gabrielli invita a chiedere scusa ai familiari

Sono passati cinque giorni dalla sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Roma sul caso Cucchi. Nonostante questo, continuano le polemiche e i commenti sulla decisione del giudice di condannare i cinque carabinieri coinvolti nel caso. Veri e propri giudizi, alle volte inappropriati come quello di Matteo Salvini che gli è costato una denuncia di querela da parte della sorella di Stefano, Ilaria. A riguardo si è espresso anche il capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha invitato tutti coloro che hanno dato giudizi avventati a chiedere scusa.

Caso Cucchi

Le parole del capo della Polizia sul caso Cucchi

“Credo che quanti, negli anni, hanno dato giudizi avventati sulla vicenda Cucchi dovrebbero oggi chiedere scusa ai familiari, ma vedo un approccio manicheo e giudizi espressi con l’emotività del momento, ha commentato Franco Gabrielli ai cronisti durante una cerimonia al commissariato di Scampia, a Napoli. Un chiaro riferimento va alle parole espresse da Matteo Salvini dopo la pubblicazione della sentenza del processo Cucchi bis, conclusa con la condanna di cinque carabinieri, di cui due, Di Bernardo e D’Alessandro, a 12 anni per omicidio preterintenzionale.
“La sentenza dovrà passare al vaglio dell’Appello e della Cassazione, e tutti dovrebbero avere rispetto prima di fare affermazioni. Chi ha espresso giudizi avventati dovrebbe chiedere scusa. Ma l’enfasi contraria dovrebbe essere contrastata”, ha spiegato ai giornalisti. Successivamente poi ha sottolineato il diritto dei familiari di chiedere giustizia, precisando che “purtroppo queste vicende si colorano di interpretazioni, strumentalizzazioni e le stesse intenzioni familiari vengono equivocate e a loro volta strumentalizzate”.

caso Cucchi

La querela a Matteo Salvini

Forse questa volta il leader della Lega avrebbe dovuto pesare un po’ di più le parole. Il suo commento fuori dal PalaDozza di Bologna, in cui ha sintetizzato il caso Cucchi dicendo che è “la dimostrazione che la droga fa male” gli è costato una querela da parte di Ilaria Cucchi, stufa di dover ascoltare opinioni superficiali su quanto accaduto a suo fratello.
Il signor Matteo Salvini non può giocare sul corpo di Stefano Cucchi. Non posso consentirglielo. Questo era il suo volto quando io ed i miei genitori lo vedemmo all’obitorio il 22 ottobre del 2009. Questo era quel che rimaneva di Stefano. Dei suoi diritti. Della sua dignità di essere umano”, ha scritto infatti Ilaria sul suo profilo Facebook, accompagnando il testo con un’immagine del fratello, privo di vita, tumefatto dai colpi ricevuti.
“Immagino che questo post verrà oscurato da Facebook perché idoneo ad urtare la sensibilità di qualcuno mentre, viceversa, non vengono oscurati tutti i commenti ed i post di insulti e minacce e falsità che, molto bene organizzati, sono comparsi sui social dopo la presa di posizione pubblica dell’ex Ministro dell’Interno. Lo devo a mio fratello”.
Il post poi continua: “Stefano Cucchi ha sbagliato ed avrebbe dovuto pagare ma non morire in quel modo. Il giorno in cui viene pronunciata la sentenza ha il coraggio di dire quelle parole come se fosse al bar e parlasse ai suoi amici? Sono solo una normale cittadina ma non posso fare altro che querelarlo. Mi piacerebbe tanto che l’attuale Ministro dell’Interno sostituisse la costituzione di parte civile fatta proprio dal sig. Salvini con la propria. Non sono un avvocato ma forse potrebbe essere possibile. Ed ora che i leoni da tastiera si scatenino pure con le loro menzogne sempre più raffinate e costruite ad arte. Io vado avanti”, ha concluso.
Tutto questo però non è sufficiente a turbare l’animo del capogruppo del Carroccio, che alla querela ha risposto: “Dopo Carola Rackete, mi querela la signora Cucchi? Nessun problema, sono tranquillissimo, dopo le minacce di morte dei Casamonica e i proiettili in busta, non è certo una querela a mettermi paura. Spero che il Parlamento approvi subito la legge “droga zero” proposta dalla Lega, per togliere per sempre ogni tipo di droga dalle strade delle nostre città”.

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