Una delle principali testate indiane, The Hindustan Times, ripone l’attenzione su una questione che ci riguarda da vicino, quella sui due Marò italiani detenuti in India da quasi due anni. E se durante questo periodo più volte s’è parlato del rischio di pena di morte per loro, accusati di aver ucciso due pescatori, ora la questione pare farsi davvero seria.
La notizia arriva dal quotidiano online secondo cui la Nia (National investigation agency), che segue l’inchiesta contro i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, avrebbe presentato un rapporto in cui si fa pressione affinché su di loro si applichi la legge sulla navigazione indiana che prevede la pena capitale a chiunque causi la morte di qualcuno. Gli investigatori, infatti, avrebbero presentato lunedì al ministero degli Interni un rapporto in cui si chiede di perseguire i due militari in base al ‘Sua Act’, che reprime la pirateria marittima con la pena di morte, nonostante le ripetute e pressanti richieste del ministero degli Esteri di trattare il caso con capi di imputazione che prevedono pene più lievi, al fine di evitare un caso diplomatico.
Una questione spinosa, aggravatasi a causa della incresciosa vicenda risalente al marzo 2012, quando il governo italiano (allora presieduto da Mario Monti) sottrasse alla giustizia indiana i due militari per un periodo più lungo rispetto a quanto accordatogli, benché Salman Khurshid (ministro degli Esteri) avesse da tempo assicurato al nostro governo che non esistesse alcun rischio di pena capitale per per Latorre e Girone. Oggi la polizia investigativa indiana ha risposto con un secco “no comment” alla richiesta fatta dall‘ANSA, che cercava una conferma circa la reale esistenza del rapporto in cui si chiede la pena di morte per i due militari. Laconico, il vice ispettore P.V. Vikraman ha detto soltanto: “Non posso commentare. Non sono in una posizione per poterlo fare”, riferendosi alle notizie pubblicate dall’Hindustan Times.
