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Caso Yara Bossetti Cassazione, motivazioni sentenza: il perché della condanna all’ergastolo, smantellata tesi difesa

23/11/2018 17:13 - Aggiornamento 23/11/2018 18:19
Omicidio Yara Gambirasio: depositate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 12 ottobre la Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo, comminata al muratore di Mapello in primo e secondo grado. Il Dna “Ignoto 1” è quello di Massimo Bossetti, hanno ribadito i giudici nel fascicolo di otre 150 pagine in cui è spiegato nel dettaglio il perché della condanna. L’evidenza scientifica ha “valore di prova piena” di colpevolezza ed è frutto di “numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori”. La Cassazione ha rilevato la piena coincidenza tra il profilo genetico catalogato come “Ignoto 1”, rinvenuto sulle mutandine  e sui leggings della ginnasta di Brembate, e quelle di Massimo Bossetti. La Cassazione ha argomentato i venti motivi di ricorso della difesa, che sollevava diverse obiezioni, contestando in primis la prova del Dna e i kit utilizzati per gli accertamenti. La Cassazione ha inoltre biasimato i “reiterati tentativi di mistificazione degli elementi di fatto”, “amplificati da improprie pubbliche sintetizzazioni”.massimo bossetti motivazioni sentenza appello

Il Profilo genetico di Massimo Bossetti è stato confermato da 24 marcatori “La probabilità di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico”, ha evidenziato la Corte, equivale a “un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui. I giudici di merito hanno correttamente affermato che il profilo genetico è stato confermato da ben 24 marcatori, evidenziando a maggiore tutela dell’imputato, che la certezza dell’identificazione è particolarmente solida”, in quanto le linee guida scientifiche individuano un soggetto “con l’identità di soli 15 marcatori”. Bossetti fino a poche ore prima dell’arresto era sconosciuto alle indagini e il suo Dna non era dunque presente nelle vecchie banche dati all’epoca disponibili e che sono state ampiamente e ripetutamente consultate proprio allo scopo di identificare “Ignoto 1”, sicché è impossibile ipotizzare una contaminazione dei reperti prelevati all’inizio del 2011 con il profilo dell’ imputato che è stato acquisito soltanto tre anni dopo“.

silvia brena

Per ciò che concerne la negazione della super perizia sul Dna avanzata dai difensori di Massimo Bossetti, i giudici hanno spiegato che vi si ricorre in caso di “evidenza dell’utilizzo di una metodica errata o superata e dell’esistenza di un metodo più recente e più affidabile” ma “nulla di tutto questo emerge dagli atti”. Esclusa nella maniera più categorica l’ipotesi di un complotto contro l’imputato: “Visto che la difesa ha utilizzato l’argomento anche in sede extra processuale, è bene chiarire che la genericissima ipotesi della creazione in laboratorio del Dna dell’imputato, oltre ad appartenere alla schiera delle idee fantasiose prive di qualsiasi supporto scientifico e aggancio con la realtà, è manifestamente illogica”“Fantasiosa l’ipotesi di una contaminazione volontaria” poiché “Se si volesse seguire la tesi complottista legata anche alla necessità di dare in pasto all’opinione pubblica un responsabile è evidente che si sarebbe creato un profilo che immediatamente poteva identificare l’autore del reato senza attendere, come invece è accaduto, ben tre anni”. Così come è “fantasiosa l’ipotesi di una contaminazione volontaria da parte di terzi prima del ritrovamento del corpo della vittima”.

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