
Il Profilo genetico di Massimo Bossetti è stato confermato da 24 marcatori e “La probabilità di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico”, ha evidenziato la Corte, equivale a “un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui. I giudici di merito hanno correttamente affermato che il profilo genetico è stato confermato da ben 24 marcatori, evidenziando a maggiore tutela dell’imputato, che la certezza dell’identificazione è particolarmente solida”, in quanto le linee guida scientifiche individuano un soggetto “con l’identità di soli 15 marcatori”. Bossetti fino a poche ore prima dell’arresto era sconosciuto alle indagini e il suo Dna non era dunque presente nelle vecchie banche dati “all’epoca disponibili e che sono state ampiamente e ripetutamente consultate proprio allo scopo di identificare “Ignoto 1”, sicché è impossibile ipotizzare una contaminazione dei reperti prelevati all’inizio del 2011 con il profilo dell’ imputato che è stato acquisito soltanto tre anni dopo“.
Per ciò che concerne la negazione della super perizia sul Dna avanzata dai difensori di Massimo Bossetti, i giudici hanno spiegato che vi si ricorre in caso di “evidenza dell’utilizzo di una metodica errata o superata e dell’esistenza di un metodo più recente e più affidabile” ma “nulla di tutto questo emerge dagli atti”. Esclusa nella maniera più categorica l’ipotesi di un complotto contro l’imputato: “Visto che la difesa ha utilizzato l’argomento anche in sede extra processuale, è bene chiarire che la genericissima ipotesi della creazione in laboratorio del Dna dell’imputato, oltre ad appartenere alla schiera delle idee fantasiose prive di qualsiasi supporto scientifico e aggancio con la realtà, è manifestamente illogica”. “Fantasiosa l’ipotesi di una contaminazione volontaria” poiché “Se si volesse seguire la tesi complottista legata anche alla necessità di dare in pasto all’opinione pubblica un responsabile è evidente che si sarebbe creato un profilo che immediatamente poteva identificare l’autore del reato senza attendere, come invece è accaduto, ben tre anni”. Così come è “fantasiosa l’ipotesi di una contaminazione volontaria da parte di terzi prima del ritrovamento del corpo della vittima”.