Qualora il team difensivo di Massimo Bossetti non presenti entro venerdì 20 marzo nuovi documenti atti a dimostrare l’innocenza del muratore bergamasco, la Procura di Bergamo procederà speditamente verso la richiesta di rinvio a giudizio per l’indagato, in carcere dal 16 giugno scorso. Chiuse le indagini preliminari, l’avvocato difensore di Bossetti, Claudio Salvagni, alla luce del “linciaggio mediatico” che a suo dire avrebbe colpito il il carpentiere, ha deciso di cambiare strategia difensiva optando per la richiesta del rito abbreviato.
Una implicita ammissione di colpevolezza? Assolutamente no. Solo tattica processuale. È un dato di fatto che la prova regina della traccia di Dna, attribuita a Bossetti e ritrovata sugli slip di Yara Gambirasio, inchiodi l’indagato e lo tenga in carcere. Il Dna, aggiunto alle ulteriori prove collaterali contro di lui date dai filmati che riprenderebbero il suo furgone nei pressi della palestra della ginnasta, e dal racconto di una super test che assicura di aver visto il muratore con Yara mesi prima dell’omicidio, rende davvero compromessa la posizione del carpentiere 44enne.
Claudio Salvagni è giunto quindi alla conclusione che il modo migliore per difendere Bossetti – per il quale sarà chiesto con ogni probabilità l’ergastolo, alla luce dell’aggravante della crudeltà contestatagli dall’accusa – sia quello di chiedere il rito abbreviato, che comporta lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. I potenziali 30 anni di carcere dati a Bossetti in caso di condanna, potrebbero quindi ridursi a 15 con regime di semi libertà. Quello presentato da Salvagni, stando alle ultime indiscrezioni, sarà un rito abbreviato condizionato, che chiederà, cioè, la ripetizione della prova del Dna.