30 ottobre 1974, una data indimenticabile per il pugilato, ma per tutto lo sport in generale. A Kinshasa, capitale dello Zaire andò in scena “Rumble in the Jungle”, ovvero l’incontro valido per il titolo mondiale dei pesi massimi tra George Foreman, allora campione in carica che aveva “strapazzato” Joe “Smokin” Frazier e il grande, l’unico, l’inimitabile Cassius Clay-Mohammad Alì.
Lo sfidante aveva trentadue anni ed era tornato sul ring da quattro anni dopo un ritiro forzato dovuto al suo rifiuto di arruolarsi per il Vietnam. George Foreman, ventisei anni, però risultava un avversario impossibile da battere. Imbattuto e decisamente fortissimo, dotato di un pugno micidiale. Non andò così, Mohammad Alì, sovvertì il pronostico spedendo al tappeto nel corso dell’ottava ripresa il campione del mondo.
Il pubblico assiepato attorno al ring, tutti neri, gridarono per tutti ventiquattro minuti (tanto fu la durata di quel match) a squarciagola…”Alì, boma ye”…Alì uccidilo. Per sette riprese Foreman picchiò duro da tutte le parti, ma Alì sembrava non sentire i colpi dell’avversario. Nell’ottava ripresa ecco tutta la classe e la superiorità del “labbro di Louisville” che sapeva pungere come un’ape e volare come una farfalla.
Pam! Parte un destro in contropiede in pieno volto di Foreman, un’autentica fucilata che lo fa crollare come fosse un colosso d’argilla. L’arbitro conta fino a dieci e Alì è portato in trionfo. Kinshasa incoronò il più grande nel ruolo di vero e proprio numero uno della storia del pugilato.