Mentre l’Occidente continua ad indignarsi per le angherie subite dai gay in Cecenia, denunciando le autorità del luogo, la repubblica caucasica seguita a balbettare risposte inconcludenti che rischiano di adombrare quanto succede nel territorio ceceno e non solo. La forte azione iniziale con cui le autorità della Cecenia avevano cercato di fermare la volontà di organizzare un gay pride anche nella zona del Caucaso ha illuminato una zona d’ombra dell’umanità davvero raccapricciante. Hanno infatti fatto capolino ben sei campi di concentramento per omosessuali che traggono ispirazione da quelli hitleriani del terzo Reich. La situazione assume delle note ancor più drammatiche proprio per via della nebulosità delle informazioni che continuamente provengono riguardo quanto si verifica nella zona cecena e l’incapacità di far chiarezza non fa che acuire la drammaticità della situazione.
L’unica certezza è che l’informazione ha avuto la sua origine da due articoli pubblicati dalla rivista Novaja Gazeta; stando alla notizia rilasciata dalla testata, alcune decine di uomini ceceni, forse un centinaio, sarebbero stati tratti in trappola tramite un’app per incontri ed in seguito rinchiusi in un carcere nei pressi della città di Argun. Qui sarebbero stati uccisi almeno tre dei prigionieri, mentre i restanti sarebbero stati torturati e seviziati. L’inizio dei rapimenti con successiva prigionia avrebbe avuto inizio a dicembre del 2016 ed avrebbe avuto i propri momenti culminanti a gennaio e a marzo 2017. Il governo russo, in seguito ad un’iniziale indignazione avrebbe dichiarato: “Non ci sono prove a sostegno delle informazioni pubblicate da Novaia Gazeta secondo cui la polizia cecena arresta, tortura e uccide le persone sospettate di essere omosessuali“. Questa l’ultima affermazione del portavoce di Putin, Dmitri Peskov, a detta del quale il luogotenente di Putin in Cecenia, Ramzan Kadyrov, che nega le violenze sulla comunità LGBT, starebbe dicendo la verità.
Il mare magnum di smentite ha la sua punta di diamante nel portavoce del governo ceceno, Alvy Karimov, che, nel tentativo di rigettare le accuse ha puntualizzato che la polizia cecena non può reprimere ciò che in Cecenia non esiste, considerando l’omosessualità alla stregua degli unicorni. Tra svariate contraddizioni giunge anche la risposta Ramzan Kadyrov sulla questione, che in un’intervista afferma di voler eliminare tutti i gay ceceni durante il Ramadan – nonostante i gay non esistano in Cecenia. L’attenzione mediatica ricevuta dal fenomeno è stata incredibilmente vasta in Europa, al punto che in Italia si è allertato anche il Ministro degli Esteri Angelino Alfano e l’Alto Rappresentante Europeo Federica Mogherini.
L’indignazione dell’Europa però sembra dovuta solamente al carattere sensazionalistico che sta avendo la notizia grazie al clamore mediatico. Le leggi antigay infatti perdurano in ben 76: in Camerun nel luglio scorso Eric Ohena Lembembe, attivista per i diritti della comunità LGBT, è stato torturato e ucciso. In Uganda l’omosessualità è punibile con l’ergastolo, mentre la legge giamaicana, condanna i gay con una pena massima di dieci anni di lavori forzati. In Iran e Qatar vi è la pena di morte e per un solo bacio in pubblico fra persone dello stesso sesso si può incorrere in una punizione con 60 frustate.
Viene dunque da chiedersi se non sia giunto il momento per una grande riflessione da parte del mondo intero sui diritti umani e sulla libertà sessuale, dalla quale l’Europa non può esimersi. Ne I Fratelli Karamazov, Dostoevskij ci regala un passo che, forse, potrebbe diventare una vera urgenza per ogni essere umano. Nelle confidenze di Ivàn Karamazov al fratello Aljòsa, nascono le pagine più tormentate del romanzo che rispecchiano le idee di Dostoevskij sulla natura umana e sul destino degli uomini: qui Ivan riflette circa la sofferenza degli innocenti, concludendo che se la sofferenza del giusto è necessaria per l’armonia del mondo egli si affretta a restituire il biglietto poiché “l’ingresso costa troppo”. Di fronte alla bestialità delle notizie trapelate dalla Cecenia sembra che l’Europa ricevuto uno scossone e si sia dato il via ad un risveglio dell’opinione pubblica europea, ma restituire il biglietto non basta. La risposta occidentale degli ultimi giorni evidenzia sempre di più la necessità di non considerare questa una battaglia esclusiva delle comunità LGBT o degli attivisti, ma l’inizio di uno shock che produca una chance per ogni essere umano.