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Cervello: se viene privato del sonno, si autoconsuma

02/02/2018 13:37 - Aggiornamento 09/02/2018 01:26

Il cervello, se privato del sonno, tende ad auto-divorarsi. La scoperta a opera di Michele Bellesi, ricercatore dell’Università Politecnica delle Marche, che ha condotto un studio sul fenomeno poi pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience. Durante la fase di sonno, le cellule cerebrali che ripuliscono l’organo da scarti e altri residui cellulari, dopo alcune notte insonni, diventano particolarmente ‘aggressive’.

Il fenomeno è stato scoperto grazie a un esperimento condotto sui topi durante il quale sono stati osservati gli effetti della deprivazione del sonno su questi animali. Nel suo periodo lavorativo presso il laboratorio di Chiara Cirelli all’Università del Wisconsin, negli Stati Uniti, ha preso in esame il cervello degli animali suddividendoli in tre diversi condizioni: topi che avevano dormito otto ore, topi che avevano dormito a loro piacimento e topi che erano stati privati del sonno per almeno cinque giorni al fine di simulare la mancanza cronica di riposo degli esseri umani.

Nel dettaglio, a essere prese in esame sono state le cellule della Glia: queste sono responsabili della ‘manutenzione’ dell’ambiente, si chiamano astrociti e tagliano le sinapsi rimodellando le connessioni tra i neuroni. Allo stesso modo sono state esaminate anche le cellule della Microglia, le quali debellano agenti infettivi, neuroni danneggiati e placche. È stato osservato che nei topi privati di otto ore di sonno, gli astrociti mostravano un’attivita più intensa, lavorando sull’8 per cento delle sinapsi, invece che sul 6 per cento come nei topi che avevano dormito a piacimento.

Nei topi con carenza cronica di sonno, invece, l’attività di queste cellule era svolta sul 13,5 per cento delle sinapsi: in questo caso, intere porzioni di connessioni venivano fagocitate dalle cellule stesse a causa della mancanza di riposo. Anche se potrebbe essere un bene, in quanto potrebbero rimodellare e sfoltire circuiti ormai inutili e logori, ciò che ha preoccupato gli esperti è l’alta attività delle cellule della Microglia: il motivo risiede nel fatto che questo tipo di attività è stata riscontrata in pazienti affetti da Morbo di Alzheimer e malattie neurodegenerative.