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Contratto a chiamata 2017: che cos’è, come funziona, chi può stipularlo?

Contratto a chiamata 2017: che cos’è, valida soluzione dopo i voucher

Con l’abolizione dei voucher a partire dal 1°gennaio 2018, il contratto a chiamata potrebbe rappresentare una valida alternativa per coloro che necessitano di un contratto di lavoro che possa inquadrare il lavoro occasionale. Vediamo cos’è il contratto a chiamata, anche conosciuto col nome “Job on Call”, che è stato introdotto in Italia dalla legge Biagi e successivamente modificato con il Jobs Act, ovvero la riforma del lavoro voluta dal governo di Matteo Renzi. In base all’art 13 del Decreto legislativo 81/2015 per contratto a chiamata o a tempo determinato, si intende quel rapporto di lavoro in cui il lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che può usare: “La prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente, a seconda delle esigenze individuate dai contratti collettivi anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno”.

Contratto a chiamata 2017: che cos’è, come funziona, chi può stipularlo?

Mancando il contratto collettivo, i casi in cui è possibile utilizzare i contratti a chiamata diretta sono stabiliti in un apposito decreto ministeriale. Questi contratti possono essere stipulati con lavoratori con meno di 24 anni di età “purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno“, e con più di 55 anni. Il contratto a chiamata diretta è consentito per ogni lavoratore con lo stesso datore di lavoro per un periodo non superiore a 400 giornate lavorative in tre anni solari, ma a questa regola si sottraggono il settore del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In caso di superamento di questo periodo, si legge nel decreto, “il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato”. Nei periodi in cui l’attività del lavoratore non viene utilizzata, questi no percepirà alcuna remunerazione, salvo che non abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità.

Contratto a chiamata 2017: che cos’è, diritti e divieti

Ci sono alcuni casi in cui del contratto a chiamata diretta ne è vietato l’utilizzo: per sostituire i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; se l’unità produttiva ha eseguito, entro i sei mesi precedenti, licenziamenti collettivi, sospensioni del lavoro oppure una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; ai datori di lavoro che non hanno effettuato le previsioni dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Inoltre il datore di lavoro deve informare “con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente”. Lo stesso datore di lavoro deve “prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica.
In caso di violazione degli obblighi è prevista una sanzione da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione”. Mentre nel caso di malattia o di altre cause che ostacolino la possibilità di rispondere alla chiamata: “Il lavoratore è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di disponibilità”. Nel caso in cui il lavoratore non informi il datore di lavoro perde i diritto all’indennità per un periodo di 15 giorni, a meno che nel contratto non sia stipulato diversamente. Nel caso di rifiuto: “Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota d’indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto”. Per quanto riguarda la retribuzione per il contratto a chiamata, il lavoratore deve essere pagato: “per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte” come analogo un lavoratore di pari livello, anche se questo è assunto con un contratto diverso. Stesso criterio si applica per quanto riguarda e ferie, i trattamenti di malattia, infortunio, congedo di maternità e parentale.

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