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Dj Fabo morì in una clinica svizzera mediante suicidio assistito lo scorso 27 febbraio, dopo che vi era stato accompagnato dall’esponente dei Radicali. Oggi era attesa la sentenza che però non è stata pronunciata. Gli atti ora passano alla Consulta perché valuti la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio nel processo a Marco Cappato iniziato lo scorso 8 novembre davanti alla Corte d’assise presieduta da Ilio Mannucci Pacini.
I pm Siciliano e Sara Arduini avevano chiesto l’assoluzione mettendo in luce che Cappato aiutò Fabo “a esercitare un suo diritto, non il diritto al suicidio ma il diritto alla dignità” nel morire. In subordine, avevano chiesto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la valutazione della legittimità del reato di aiuto al suicidio, previsto dall’articolo 580 del codice penale. Sulla stessa linea erano anche le richieste dei difensori di Cappato.
“Aiutare Fabo a morire era un mio dovere, sono grato ai giudici per aver riconosciuto che non c’è stata alcuna alterazione della volontà di Fabiano Antoniani”, queste le parole di Marco Cappato per commentare l’ordinanza con cui la Corte d’Assise di Milano ha rinviato alla Consulta gli atti del processo. “E’ una vittoria non solo per Fabo, ma per tutti”, ha detto invece la fidanzata del dj, Valeria Imbrogno.