Ci sono cani che non potrebbero stare in canile. Si obietterà che nessun quattro zampe dovrebbe rimanere chiuso in una gabbia a tempo indeterminato ma, a parte che la teoria è diversa dalle ben poche possibilità concesse dalla dura realtà, se per tutti loro è difficile, per alcuni pelosi la situazione è addirittura tragica. Anche quando il canile in questione è tenuto con tutti i crismi e gestito con dedizione da persone esperte. Abbiamo preso due storie “a caso”, da un canile “a caso”. Lo abbiamo fatto perché i volontari dei rifugi sparsi per tutto il Bel Paese sono quotidianamente testimoni di vicende analoghe; lo sono loro malgrado, perché spesso, nonostante un impegno H24, non possono far nulla per cambiare le cose. Questo articolo è parzialmente dedicato anche a loro.
Quasimodo e Angelo. Ospiti in pianta stabile del canile di Grignano (Bg), non sono certo gli unici cani con qualche problema che vivono in un canile. Di sicuro, tra i migliori amici dell’uomo senza casa c’è chi sta molto peggio. Ma attraverso di loro, l’intento è quello di richiamare l’attenzione sulle vite “nascoste” dei pelosi più sfortunati, tra quelli che fortunati comunque non lo sono. All’interno delle gabbie di un rifugio non ci sono solo cagnolini (e cagnoloni ) belli, sani e abbandonati o “parcheggiati” ad interim da una qualche famiglia per i motivi più disparati. Quasimodo è un rottweiler di 4-5 anni e oltre 50 chili. Un gigante nero che a vederlo per la prima volta incute un po’ di timore. Ha la mascella rotta e quindi la bocca un po’ storta a causa di un trauma facciale di origine imprecisata, ha la Leishmaniosi, soffre di attacchi epilettici che gli causano episodi di autolesionismo. A Bergamo ci è arrivato da Bari, in condizioni non propriamente eccellenti.
Si dirà: beh, e come lo si avvicina un bestione del genere?. In effetti l’adozione di “un Quasimodo” non è e non potrebbe essere immediata. Però, provate a fargli qualche complimento, dargli qualche grattatina e state a vedere la sua reazione. Insomma, è tutt’altro che un mostro, a dispetto della sua mole e della sua espressione un po’ così. Si è pure fatto fotografare, contenendo temporaneamente quell’irrefrenabile voglia di passeggiata nei campi. Prima di adottare un cane bisogna sempre pensarci molto bene. Capita spesso che, presi dall’entusiasmo, si decida con le migliori intenzioni di portare a casa un peloso, senza però essere del tutto coscienti dell’impegno quotidiano che un quattro zampe richiede.
Nessuno qui ha intenzione di convincere chicchessia ad adottare Quasimodo o un suo compagno. Per farlo, sottolineano i volontari dell’associazione Animalibera, che quotidianamente si occupano di lui, bisogna prima di tutto venire qualche volta in canile, per un primo approccio, in modo da far capire a Quasimodo che si è dalla sua parte. Mordere, non morde, ma un cane che ha fatto la sua vita e con i suoi problemi di salute necessita di una certa sensibilità iniziale. Bisogna poi essere disposti ad un affiancamento con un educatore cinofilo, conoscere la razza, non avere bambini o altri animali. Quasimodo dall’occhio sinistro ci vede poco o niente, probabilmente a causa del trauma facciale di cui sopra; “agguati” giocosi improvvisi non farebbero altro che spaventarlo e, anche se buono, il suo mezzo quintale lo pesa; solo nel girarsi per verificare la situazione potrebbe involontariamente ferire un bimbo.
Angelo, non ha nessuna malattia, non ha problemi neurologici, non è neanche tanto grosso, nel caso in cui le dimensioni possano risultare problematiche. E’ una taglia media dal “manto tigrato particolarissimo (sembra una iena)”, si legge sull’appello pubblicato dai volontari che lo seguono ed è anche, “buonissimo, un po’ timoroso ma dal temperamento mansueto e curioso”. E allora, direte voi? Cosa c’entra lui con i malati o problematici? Cosa gli manca? Una zampa, gli manca. L’ha persa scappando da alcuni cacciatori intenti a sparare. Non ce l’avevano con lui, ma che diavolo avrebbe dovuto fare, rimanere lì a scoprirlo? Angelo, ex randagio napoletano, ha iniziato a correre terrorizzato ed è finito, destino infame, per infilare una zampa in una trappola posizionata da qualcuno sulla terra di un contadino. Lo stesso contadino che ha trovato Angelo semi-dissanguato ed ha chiesto aiuto ai volontari di zona. Lo stesso contadino, che non aveva la minima idea del fatto che sul suo terreno fossero state piazzate delle trappole da caccia. Una delle zampe anteriori tranciata di netto. Il risultato, è stato questo.
Premesso che tantissimi animali, cani, gatti e anche conigli, privi di una o più zampe vivono in famiglie splendide, va detto che la “barriera” più ostica da superare rispetto all’adozione di un peloso tripode è “l’immagine” stessa del cane; non è raro, stando in canile, sentire potenziali adottanti “spiegare” che vedere un cane con tutte e quattro le zampe è “bello”, mentre vederne uno con tre, “insomma”. Tutta colpa di una sorta di barriera mentale. Proviamo, per puro esercizio, a trasferire il concetto così com’è a noi esseri umani; subito, viene da chiedersi chi, tra i tantissimi desiderosi di adottare un bambino (nero, bianco, giallo, “verde”, non ce ne frega assolutamente nulla, scusate l’espressione), bollerebbe come “meno bello” un bimbo con un braccio solo o con una sola gamba. Dunque, perché quel “meno bello”, dovrebbe valere per un cane? Perché, appunto, è una barriera mentale, assolutamente da abbattere. E magari anche subito.
In ricordo di Buck. Glielo dobbiamo. In questo articolo avremmo dovuto parlare anche di lui e dei suoi problemi. Pastore tedesco di quelli dall’aspetto fiero, Buck era affetto da megaesofago. Avremmo voluto spiegare che, anche se quasi vecchiotto, lo sfortunatissimo peloso di amore da dare ne aveva veramente tanto (avete mai provato ad adottare un cane anziano?). Le sue condizioni di salute erano piuttosto complesse e, complici alcuni ritardi nella pubblicazione, nel frattempo purtroppo si è spento . Vissuto in pensione per diversi mesi, Buck se n’è andato di notte, a casa della veterinaria Marta Sanga, che attraverso un lungo e paziente lavoro era riuscita nella difficile impresa di far recuperare a Buck un peso decente. 23 kg al posto di 35 non erano certo una condizione ottimale, ma il cagnolone, con già una storia non bella alle spalle, faticava ad assimilare il cibo ed i miracoli ancora nessuno è in grado di farli. Gli ultimi mesi li aveva appunto vissuti in pensione, in attesa che qualcuno dal buon cuore lo adottasse per sempre.Poi l’improvviso peggioramento del suo stato di salute, la corsa dalla veterinaria e la morte durante la notte. Almeno, viene da pensare, si è addormentato per sempre in un posto che sapeva essere sicuro, familiare, e quindi anche un po’ “suo”.
Per quel poco che può valere un piccolo spazio come questo, avendolo anche conosciuto dal vivo, glielo lasciamo tutto e volentieri. D’altra parte è suo di diritto, anche solo per la difficile vita alla quale la malattia l’ha costretto; lui come innumerevoli suoi fratelli alle prese con un’esistenza complicata, faticosa e che non sempre sono assistiti, come perlomeno è stato il caso di Buck, da volontari che hanno deciso di dedicare la loro di esistenza ad alleviare le sofferenze di questi piccoli grandi e pelosi eroi.