«Emergenza sanitaria pubblica a livello internazionale», così l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha definito l’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo. Una notizia allarmante, arrivata al termine di una riunione fortemente voluta dagli esperti dell’Oms dopo i primi casi di Ebola individuati a Goma, città a ridosso del confine con il Ruanda.
«È emergenza internazionale!», epidemia di Ebola fuori controllo in Congo
Secondo i recenti dati riportati dal Ministero della Salute Congolese nel paese ci sono stati 2.512 casi di Ebola, di cui 2.418 confermati e 94 probabili, con 1.676 morti. Il primo è stato individuato domenica scorsa a Goma e, come si legge su “Adnkronos”, l’Oms ha esortato i paesi limitrofi a coordinarsi per la prevenzione del rischio di epidemia. Al momento però sono state escluse restrizioni sugli spostamenti: «Nessun Paese deve chiudere le frontiere o porre restrizioni ai viaggi e al commercio». Intanto sul sito ufficiale di “Medici senza frontiere”, è stato pubblicata la dichiarazione della dott.ssa Joanne Liu, presidente internazionale di MSF. L’organizzazione internazionale non governativa, da oltre 6 mesi supporta le attività di preparazione per un’emergenza Ebola a Goma, e gestisce attività legate all’epidemia a Kayna e Lubéru, in Nord Kivu e due centri di isolamento per l’ebola nelle città di Bwanasura e Bunia, nella provincia di Ituri.
«I segnali sono chiari: le persone continuano a morire nelle comunità», emergenza in Congo
«I segnali sono chiari: le persone continuano a morire nelle comunità, gli operatori sanitari continuano a essere contagiati e la trasmissione del virus continua. L’epidemia non è sotto controllo e abbiamo bisogno di un cambio di marcia: ma questo non dovrebbe riguardare la restrizione agli spostamenti o l’uso della coercizione sulla popolazione colpita. Le comunità e i pazienti devono essere al centro della risposta, devono essere partecipanti attivi. – si legge nel comunicato della dott.ssa Joanne Liu – MSF ha sperimentato in prima persona quanto sia difficile rispondere a questa epidemia. Dobbiamo fare un bilancio di ciò che funziona e di ciò che non funziona. (…) È necessario un approccio su larga scala per la prevenzione, questo significa un migliore accesso alla vaccinazione per la popolazione per ridurre la trasmissione!».
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