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Elena Ceste, Michele Buoninconti motivazioni sentenza: come e perché ha ucciso la moglie

17/05/2017 10:02 - Aggiornamento 17/05/2017 10:23

Elena Ceste vittima di un marito ‘padrone’

Elena Ceste, madre di 4 figli, quando è stata uccisa aveva 37 anni. La vittima fu presumibilmente strangolata, anche se di ciò non si è potuta avere una inconfutabile conferma medico-scientifica, visto l’avanzato stato di decomposizione in cui il corpo fu rinvenuto. Lei e il marito Michele Buoninconti, vigile del fuoco 44enne, vivevano nella loro casa di Costigliole D’Asti. Elena Ceste – le indagini hanno fatto emergere questi dettagli – era succube del coniuge, votata alla casa e ai figli, senza nessun altro tipo di libertà. Buoninconti, marito e padre padrone, ‘governava’ fisicamente e psicologicamente sia lei che i figli – “Ci ho messo una vita a ‘raddrizzare’ mamma”, dirà ai bambini, come provato da una intercettazione ambientale fattagli dopo la sparizione della moglie – tanto che la donna negli ultimi pare soffrisse tantissimo per la sua condizione. Unico spiraglio di libertà il rinnovato contatto con amicizie maschili di vecchia data su Facebook, poi diventate più ‘reali’, e un presunto tradimento della donna, che fecero scatenare l’ira e la gelosia di Michele Buoninconti.

Elena sparì di casa la mattina del 24 gennaio 2014. Fu proprio il marito a lanciare l’allarme – “Dopo aver accompagnato i bambini a scuola, appena entrato in casa ho come sentito un ‘silenzio tombale’…”, disse ai carabinieri dopo averne denunciato la scomparsa –  attirando su di sé i sospetti degli inquirenti per lo starno atteggiamento assunto, per la poco credibile versione dei fatti fornita, per aver chiamato in causa “qualcuno che aveva preso Elena”, facendo nomi e cognomi di uomini potenziali rapitori, poi risultati estranei alla vicenda.

Omicidio Elena Ceste Michele Buoninconti: niente più assegno per i figli, le nuove ammissioni dal carcere

Il vigile del fuoco raccontò in fatti che la moglie, in preda a un improvviso delirio, alimentato dal senso di colpa per avere incontrato qualcuno di questi uomini che al tempo la ricattava, la notte precedente alla scomparsa ebbe delle crisi di pianto e panico e che la mattina del 24 gennaio, quando lui uscì per portare i figli a scuola, andò via di casa completamente nuda (a gennaio in Piemonte) e fuori di sé. A suo dire Elena aveva lasciato gli abiti che indossava e anche gli occhiali da vista, da cui mai si separava, a terra davanti al cancello; indumenti che l’uomo consegnò ai carabinieri ma che in realtà risultarono intonsi e freschi di bucato.

Ricerche vane per mesi, i resti di Elena Ceste furono rinvenuti casualmente nel canale del Rio Mersa, distante meno di un km dalla casa della donna, durante i lavori di bonifica dell’area. Dopo il ritrovamento del corpo, avvenuto il 18 ottobre 2014, le indagini si concentrarono maggiormente verso il marito, che venne tratto in arresto il 29 gennaio 2015.

Michele Buoninconti condannato due volte per l’omicidio della moglie

Elena Ceste non si suicidò né è morta accidentalmente durante la sua fuga delirante, come invano hanno cercato di dimostrare nel processo di primo grado e in quello d’Appello i difensori di Michele Buoninconti, condannato per due volte a 30 anni di carcere per l’uxoricidio. Il decesso della donna fu provocato da un’azione omicidiaria del marito, necessariamente commessa all’interno della loro abitazione, nel breve lasso di tempo che va dalle 8:15 (l’ora in cui la vittima fu vista in vita per l’ultima volta dalla vicina di casa) alle 8:55, allorché Buoninconti chiamò la vicina Marilena Ceste fingendo di cercare la moglie scomparsa.

Così i giudici dell’Appello nelle 53 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna di Buoninconti, depositate ieri 16 maggio. Lo Corte d’Assise d’Appello di Torino che lo ha condannato a 30 anni di reclusione con rito abbreviato, ha stabilito che l’omicidio di Elena Ceste è avvenuto il giorno della scomparsa, e sarebbe da collocarsi nei minuti successivi al ritorno in casa dell’uomo, le ore 8.43 circa, “ovvero al momento in cui il pompiere, dopo aver portato i figli a scuola, tornò a casa e uccise la moglie, probabilmente in camera da letto”.

Omicidio Elena Ceste: il movente è la scoperta del tradimento

Quello di Elena Ceste è stato un omicidio premeditato, i giudici ne sono convinti. Un “disegno criminale perverso” quello messo in atto dall’assassino, seguito dall’occultamento del cadavere messo in atto “con modalità studiate e meditate” affinché fosse impossibile ritrovarlo. Di fatto i resti del corpo furono rinvenuti del tutto casualmente e non durante le operazioni di ricerca.

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“Il movente è la scoperta del perdurante tradimento della moglie, avvenuto con il rinvenimento degli sms di S. (presunto amante, ndr) il 21 gennaio e dunque con la constatazione che inutilmente (il Buoninconti, ndr) aveva ‘impiegato diciotto anni per raddrizzare vostra madre’, come dirà in una delle conversazioni intercettate in via ambientale ai figli, ai quali in un’altra occasione ricorderà che ‘già la mamma non ha voluto ascoltare il padre e …quando fate ‘la fine’ di mamma ve ne rendete conto’ …”. Così la Corte.

Parole che Michele Buonicnonti pronunciò un mese prima del rinvenimento del cadavere della moglie, quando quindi soltanto lui poteva sapere quale fu la fine di Elena. “Provato il movente” – precisa la Corte nelle motivazioni – “la personalità di buon padre-padrone in famiglia e individuo che ha sempre mostrato la necessità di avere tuo sotto controllo…è dato di coerenza”.