123 anni fa nasceva Eugenio Montale, tra i più grandi poeti della letteratura mondiale, il quarto italiano a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Tra le principali raccolte sue più note Ossi di seppia (1925) e Le occasioni (1939). Una delle figure più complesse del Novecento. Benché in Diario del ’71 e del ’72 questi abbia scritto: «Vissi al cinque per cento, non aumentate la dose. Troppo spesso invece piove sul bagnato», sappiamo al contrario che Eugenio Montale amava e gli garbava essere riamato. Il poeta ha avuto, infatti, numerose relazioni, tant’è che molti studiosi si sono divertiti nel tentativo di “ricostruire” le sue intricate vicende sentimentali. Quella di cui vogliamo parlarvi inizia grossomodo nel lontano 1927.
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Eugenio Montale: quando per Drusilla Tanzi lasciò Irma Brandeis, l’amore di una vita
Eugenio Montale ospita in casa sua, in Via Benedetto Varchi, il critico d’arte Matteo Marangoni, il figlioletto di questi Andrea e la moglie Drusilla Tanzi, di cui subito l’uomo subisce il fascino e carisma. Mentre Montale comincia a frequentare quest’ultima, vive parallelamente una storia intensa e piena di passione con la docente statunitense Irma Brandeis, che aveva conosciuto nel ’23 a Firenze. Stando alle lettere, che i due amavano scambiarsi, Montale avrebbe impedito per ben due volte il suicidio di Drusilla, che temeva la partenza del poeta per gli Stati Uniti, dove la Brandeis si era trasferita da tempo. Del 21 febbraio 1935 abbiamo conservata un’epistola, che la studiosa americana non spedirà mai all’amato Eugenio: «Ecco la situazione: una donna isterica minaccia di uccidersi e in questo modo tiene in scacco finché vive la vita di due persone. Una di queste decide di accettare la situazione, l’ altra, semplicemente, non ha scelta. A quest’ altra può succedere qualunque cosa […] Io ti amo e forse disprezzo quello che hai fatto, ma questo non cambia le cose. Le soluzioni più ovvie, immagino, sono di piangerci su, scriverne o fare l’amore con un altro. Perdonami se quanto ho scritto sembra non da me e orribile. Il mio cuore ha preso a battere con un ritmo sgradevole, rapido e a fior di pelle!». Siamo portati a credere che a Montale Irma Brandeis ne abbia spedita poi un’altra meno severa e disperata nei toni, vista la risposta dell’uomo, che in essa le prometteva che presto sarebbe riuscito a liberarsi dell'”ossessiva” compagna.
«Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale», i versi dedicati alla moglie Drusilla Tanzi
Le cose andranno diversamente: Montale sposerà il 23 luglio del ’62 Drusilla Tanzi, nel frattempo divenuta vedova Marangoni. In verità i due già avevano iniziato una non facile convivenza in via Duca di Genova nel 1939. Drusilla resterà per il poeta il porto sicuro, la sua guida interiore, la donna con cui condividere il calore di una casa ogni giorno. “Mosca”, come era chiamata dagli amici per via dei suoi occhiali spessi, la compagna miope, a cui il poeta Eugenio dedica due sezioni, Xenia I e Xenia II, della raccolta poetica Satura (1970). I lettori ricorderanno certamente la nota lirica Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale che si conclude coi versi: “Non già perchè con quattr’occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue”.
Eugenio Montale e quello splendido biglietto a Irma Brandeis
Drusilla Tanzi morirà nel 1963, lasciando solo il poeta, che tanto l’aveva amata. Anche Irma Brandeis continuerà ad occupare però nel cuore di Eugenio un posto esclusivo. Nel giugno del 1981 Montale le manda l’edizione einaudiana dell’Opera in versi, con un breve ma splendido biglietto, rompendo un silenzio di oltre quarant’anni: «Irma, sei tuttora la mia Dea, la mia divinità. Prego per te, per me. Perdona la mia prosa. Quando, come ci rivedremo? Ti abbraccia il tuo Montale». Due mesi dopo, ai funerali del Premio Nobel per la letteratura Irma Brandeis non mancherà commossa. Per noi tutti oggi è lei la donna angelo, Clizia, magnificata nella mirabile raccolta Le occasioni. Perché la poesia sa rendere immortale tutto ciò che tocca, anche quello che la vita ha saputo prepotentemente dividere.