Fare impresa in Italia? Per molti aspiranti imprenditori è un tema difficile da affrontare. L’ultimo Randstad Workmonitor, indagine incentrata sull’imprenditoria, ha fatto emergere dati preoccupanti sul mondo delle imprese in Italia. In particolare, la maggioranza degli aspiranti imprenditori sembra essere frenata dalla possibilità di fallimento; non va meglio per le startup.
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Fare impresa in Italia: c’è ancora molto lavoro da fare
E’ ancora in equilibrio precario il rapporto tra le imprese e l’Italia. Stando ai dati emersi dall’ultimo Randstad Workmonitor sull’imprenditorialità, infatti, emerge che molti italiani sognano di mettersi in proprio ma sono frenati dall’idea del fallimento. Ma non solo: a rendere difficile la scelta ci si mettono anche la mancanza delle garanzie del lavoro dipendente e la percezione di un sistema Paese che ostacola il fare impresa. In particolare, il 64% dei dipendenti vorrebbe avviare un’azienda in proprio ma pensa che il rischio di fallire sia ancora troppo alto. I dati fanno quindi emergere un generale sentimento si sfiducia verso le opportunità imprenditoriali offerte dal nostro Paese.
“Gli italiani hanno da sempre una vocazione imprenditoriale, ma la percezione comune è che il rischio di impresa oggi sia un’avventura solitaria in un quadro ambientale avverso. Dai risultati della ricerca, infatti, emerge come i lavoratori dipendenti non si sentano incoraggiati a mettersi in proprio, percependo incertezza, mancanza di sostegno, difficoltà a misurarsi con la globalizzazione se le dimensioni di impresa sono limitate. È necessario invertire rapidamente questa percezione, perché solo la nascita di startup e nuove imprese possono quel dinamismo all’economia e al mercato del lavoro necessarie per sostenere la ripresa. All’Italia le idee imprenditoriali e la capacità di innovazione non mancano. Servono incentivi fiscali per l’apertura di startup, semplificazione burocratica, più in generale una cultura ‘amica’ dell’impresa che infonda coraggio ai potenziali imprenditori” ha commentato Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia.
Mettersi in proprio: fare impresa in Italia fa ancora paura
Come anticipato, il 64% dei lavori dipendenti considera il rischio del fallimento un buon deterrente per mettersi in proprio. Ma cosa emerge dal confronto con gli altri Paesi europei? Il timore degli italiani supera di parecchi punti percentuale la media mondiale, ferma al 57%: dopo Grecia e Spagna, invece, il nostro Paese è al terzo posto in Europa per paura del fallimento. Più in generale, comunque, un italiano su due pensa che diventare imprenditore “darebbe migliori opportunità”. Solo il 31% dei dipendenti, però, ha davvero intenzione di lasciare il posto di lavoro per intraprendere la via dell’impresa e, in particolare, sono:
- Uomini: 33%;
- Donne: 28%.
Ad aspirare alla carriera di imprenditore sono infine i lavoratori sotto i 45 anni.
L’Italia è terra di startup?
Una parte importante del Randtsad Workonitor sul fare impresa in Italia riguarda le startup. Ciò che emerge dai dati è che – tralasciando differenze di età, genere e settore di provenienza – a scoraggiare maggiormente i potenziali imprenditori italiani è la percezione del contesto per la nuova attività. Due italiani su tre ritengono infatti che il nostro Paese sia un ostacolo alle imprese e che altresì non metta in campo abbastanza risorse per avviare una nuova impresa innovativa. In particolare, solo il 34% dei lavoratori italiani sembra essere convinto che l’Italia sia il Paese adatto dove avviare una startup: solamente il 32%, invece, crede che lo Stato sostenga attivamente la nascita di imprese innovative.