Marco Cappato è stato assolto. Oggi la Corte d’Assise di Milano ha dichiarato che l’accusa di aiuto al suicidio per aver accompagnato Fabiano Antoniani, dj Fabo, in Svizzera è “un fatto che non sussiste”. La Corte ha ripreso la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso settembre, “al principio di sacralità della vita sostituisce la tutela della fragilità umana”, che aveva stabilito che a determinate condizioni non era punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale (norma che si occupa di assistenza e istigazione al suicidio) “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente”. Così, finalmente, si è chiuso il processo sulla morte di dj Fabo. E, forse, si riaprirà il dibattuto per approvare una legge sul fine vita.
Fine vita, Marco Cappato è stato assolto
Durante il processo il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ha spiegato che nel caso di dj Fabo ricorrono tutti i requisiti indicati dalla Consulta che ha tracciato la via sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, il reato a cui stava rispondendo il politico Radicale Marco Cappato. Quindi “il fatto non sussiste” e anzi, il passaggio contenuto nella sentenza della Corte Costituzione è una “discriminazione irragionevole e incostituzionale”. Il politico milanese, poco prima che i giudici si riunissero in camera del consiglio, ha aggiunto una dichiarazione spontanea: “In piena sintonia e assonanza con le motivazioni che avete prospettato rimettendovi alla Corte Costituzionale la mia è una motivazione di libertà, di diritto alla autodeterminazione individuale, naturalmente all’interno di determinate condizioni, è per questo che ho aiutato Fabiano”. La lettura delle sentenza si è conclusa con gli applausi di tutti i presenti in aula.
Fine vita, Marco Cappato durante il processo: “La mia è una motivazione di libertà”
Proprio durante il processo Marco Cappato è venuto a conoscenza di una notizia drammatica: sua mamma, ricoverata da alcuni giorni in ospedale a Milano, è morta. Per questo motivo l’udienza è stata sospesa per alcuni minuti, attimi in cui il politico è uscito dall’aula visibilmente scosso per farsi consolare e abbracciare dalla moglie prima di tornare tra i banchi per assistere al dibattimento.
Una volta rientrati, la difesa di Cappato ha chiesto la sua assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, e l’avvocato Franco Di Paolo ha inoltre chiesto alla Corte di fare “un passo avanti”, di “avere coraggio giuridico” prima che l’altro legale della difesa, Massimo Rossi, rileggesse il testamento di dj Fabo con le sue ultime volontà. Questa parole hanno trovato l’accordo anche del pm Tiziana Siciliano, la quale ha sostenuto che la scelta di dj Fabo fosse avvenuta in conformità alle condizioni individuate dalla Consulta per escludere che l’accompagnamento di un malato a morire possa essere considerato un reato. Perché dj Fabo, ha spiegato Siciliano, soffriva di “una patologia irreversibile che gli procurava gravi sofferenze fisiche e psicologiche; dipendeva dalle macchine che lo tenevano in vita e ha preso una decisione libera e consapevole”: quella di porre fine alle sue sofferenze.
Il commento della fidanzata di dj Fabo, Valeria Imbrugno
“Quello che posso dire è che Fabiano oggi, insieme a me, avrebbe festeggiato perché è una battaglia in cui credeva fin dall’inizio. E’ una battaglia per la libertà di tutti“, ha commentato a fine processo la fidanzata di Fabiano, Valeria Imbrugno.
“La strada che abbiamo intrapreso era giusta fin dall’inizio- ha dichiarato invece Filomena Gallo, legale di Marco Cappato e segretario dell’associazione Luca Coscioni- Grazie a Fabiano la Corte Costituzionale è intervenuta ed è arrivata l’assoluzione per Marco Cappato. Ci aspettiamo dal Parlamento una legge: il nostro lavoro continuerà fino a quando in Italia non saremo liberi fino alla fine”.
Fine vita, il processo a Marco Cappato iniziato nel 2017
Era febbraio del 2017 quando il leader dei Radicali di Milano e promotore della campagna “Eutanasia legale” ha accompagnato dj Fabo in Svizzera, in quella clinica dell’associazione Dignitas in cui il musicista ha ricevuto il sostegno al suicidio assistito, procedura illegale in Italia. Proprio quella mattina Fabiano aveva scritto un post sul suo profilo Facebook: “Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino ala morte. Grazie Marco, grazie mille”. Ed è stato proprio Cappato, poco dopo, a dare la notizia della morte di dj Fabo, quella morte tanto attesa e che non poteva più essere rimandata. Quella morte che ha portato a processo il leader dei Radicali.
Cappato infatti è stato subito accusato di aver violato l’articolo 580 del codice penale che punisce chiunque determini “altri al suicidio o rafforzi l’altrui proposito al suicidio, ovvero ne agevoli in qualche modo l’esecuzione”. Dopo un un anno, nel febbraio del 2018, il tribunale di Milano ha ritenuto necessario l’intervento della Corte Costituzionale, dopo che il pm Tiziana Siciliano aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio, reato che prevede una pena detentiva tra i 6 e i 12 anni. Circa sei mesi dopo, a ottobre, la Corte ha sospeso la sua decisione, annunciando che sarebbe stata esaminata nel settembre del 2019 come richiesto dalla presidenza del Consiglio. La necessità era quella di dare modo al Parlamento di legiferare in materia, tentando di approvare una “appropriata disciplina” sul suicidio assistito. Ma a settembre ancora non era stata approvata nessuna legge, e così la Corte Costituzionale si è espressa stabilendo che Cappato non potesse essere condannato sulla base dell’articolo 580.