Gianna Del Gaudio sgozzata in casa: Antonio Tizzani a processo con la terribile accusa di avere ucciso la moglie, professoressa in pensione, la notte del 26 agosto 2016, accoltellandola alla gola nella cucina di casa mentre era intenta a lavare i piatti. Il giorno del giudizio per l’ex ferroviere è arrivato e lui, indagato a piede libero dalla prima ora, si professa innocente. Quarto Grado nella puntata del 6 dicembre ha rivelato i contenuti sconcertanti delle testimonianze dei figli della coppia.
Gianna Del Gaudio, l’inferno in casa: testimonianze sconvolgenti dei figli
Mario e Paolo oggi non hanno dubbi: appoggiano totalmente il padre e si dicono convinti della sua innocenza. Eppure proprio le loro testimonianze, raccolte a verbale nella fase delle indagini preliminari, rischiano di pesare come macigni sull’uomo. Sia Paolo che Mario Tizzani, infatti, raccontarono agli inquirenti che il padre era solito maltrattare la vittima. Gianna Del Gaudio veniva insultata, offesa, umiliata verbalmente e picchiata. Le parole dei figli ai carabinieri mettono i brividi e raccontano di un inferno familiare che la donna avrebbe nascosto, sopportato in silenzio per il ‘bene’ della famiglia, per salvare il suo matrimonio. Soprusi terribili e violenze non solo verbali racchiuse nelle parole dei figli, come queste: “Ricordo che gli schiaffi erano talmente violenti che l’urto faceva spostare il corpo di mia madre”. Violenze che Antonio ha sempre negato, almeno davanti alle telecamere.
Antonio Tizzani processo: impronte insanguinate e Dna sconosciuti
La difesa di Antonio Tizzani nella prima udienza di qualche giorno fa ha chiesto che siano escluse dal processo, perché “irrilevanti”, le dichiarazioni di Tizzani ai giornalisti (tantissime, rilasciate in questi anni) e le intercettazioni delle telefonate tra l’uomo e i figli. Ma il vero punto cardine su cui accusa e difesa si daranno battaglia in aula è la prova regina che sembra avere incastrato Tizzani: il Dna che lo collega all’arma del delitto, un taglierino cutter rinvenuto dentro un sacchetto di plastica sotto una siepe a pochi isolati di distanza dalla villetta del delitto. Proprio il modo in cui è stata analizzata questa traccia è la ragione per cui la difesa chiede che non venga ammessa come prova. Per la difesa, infatti, il primo prelievo sul cutter che ha mostrato un Dna compatibile con quello dell’imputato, non è attendibile in quanto effettuato senza la presenza dei consulenti di Tizzani. Tutti i successivi prelievi, avvenuti davanti ai legali dell’imputato, avrebbero mostrato un risultato ben diverso – “Quel prelievo scaturisce da una nostra assenza, assenza di contraddittorio e il successivo prelievo ha dato un esito nullo, zero, piatto” -, lo ha ribadito il genetista Giorgio Portera, consulente di Tizzani. C’è poi il Dna ignoto isolato sui guanti in lattice trovati accanto al cutter nel sacchetto . Appartiene al profilo del fantomatico uomo incappucciato che secondo Tizzani avrebbe ucciso Gianna Del Gaudio? Ad esso si aggiungano le impronte trovate da Portera sul cancello di ingresso della villetta nel novembre 2016. Trattasi di impronte macchiate dal sangue di Gianna che per la difesa potrebbero provare la fuga di un soggetto che scavalcò il cancello dopo il delitto.