Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto oggi alla Camera, sotto richiesta del centrodestra, per tentare di sciogliere tutti i nodi dell’accusa di conflitto di interessi in relazione al caso Fiber-Retelit. In questa circostanza ha ribadito di aver ricevuto l’incarico prima di sapere che avrebbe ricoperto il ruolo di premier.
L’accusa a Conte
Alcuni giorni fa il Financial Times ha pubblicato la notizia secondo cui il Presidente Conte potrebbe far parte di un’inchiesta riguardante un fondo di investimenti sotto indagine, per corruzione finanziaria, da parte del Vaticano, accusandolo di essersi trovato in conflitto di interesse e di aver favorito i suoi clienti una volta varcato il portone di Palazzo Chigi. Questo, per una nota in cui Conte spiegava come il voto sui finanziatori (la Retelit avrebbe preferito degli azionisti libici e tedeschi) sarebbe potuto essere annullato grazie a un intervento del governo italiano con la Golden Power, un potere che consente al governo di bloccare la cessione di aziende considerate di interesse strategico nazionale. I fatti risalgono a maggio 2018 pochi giorni prima che gli venisse dato l’incarico da Presidente. In quell’occasione il Premier avrebbe fornito un parere legale a favore del gruppo di azionisti Fiber 4.0, il cui maggiore investitore sarebbe Athena Global Opportunities Fund, finanziato interamente con 200 milioni di dollari dal Segretariato Vaticano e gestito e da Raffaele Mincione, un finanziatore italiano, proprietario per il 40% di Fiber 4.0. Secondo il giornale britannico però, è difficile che Conte non fosse a conoscenza del ruolo che stava per andare a coprire, visto un incontro in un hotel di Milano con Luigi Di Maio e Matteo Salvini avvenuto il 13 maggio, che il Presidente ha commentato: “Questo incontro è stato interlocutorio ed è avvenuto a distanza di giorni dall’accettazione dell’incarico e quando l’attività di studio della questione giuridica e di elaborazione del parere era ormai terminata”. A riguardo, comunque, aveva già ribadito di aver delegato ogni votazione sulla Golden power all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, per astenersi ed evitare proprio il conflitto di interesse. Oggi, sotto richiesta del centrodestra, la questione è stata riportata alla luce.
Il discorso di Conte in Aula
In Aula, Conte ha spiegato dettagliatamente come si sono svolti i fatti: “Nei primi giorni del maggio 2018, quando ancora svolgevo la funzione di avvocato, ho ricevuto dalla società Fiber 4.0 l’incarico di redigere un parere giuridici pro-veritate sulla disciplina della Golden power con riferimento alle operazioni compiute nei confronti della società Retelit. Desidero precisare che questo è stato l’unico contatto professionale con la società Fiber 4.0, non avendo mai svolto per essa altra attività. Al fine di redigere il parere, ho esaminato i documenti inviati senza mai incontrare gli amministratori o gli azionisti della società”, sottolineando così di non essere mai entrato in contatto con il finanziatore Mincione. “Non ero a conoscenza né ero tenuto a conoscere che tra gli investitori vi fosse Raffaele Mincione, o che parte degli investimenti risalissero alle finanze vaticane”.
Poi ha continuato: “Non ero ancora stato designato presidente del Consiglio, in un momento in cui io stesso non potevo immaginare che sarebbe nato un esecutivo da me presieduto che sarebbe stato chiamato a decidere sulla Golden power. Organi di stampa riferiscono di un incontro a Milano il 13 maggio con i leader di Lega e M5s, preciso che questo primo incontro interlocutorio rispetto all’incarico di governo, avvenuto il 23 maggio, è intervenuto a distanza di giorni dall’accettazione dell’incarico, quando il parere era ormai completato. Il parere è stato completato il giorno dopo, il 14 maggio. ”
Il conflitto di interessi
Conte ha successivamente sottolineato: “Il parere ha riguardato esclusivamente l’applicabilità o meno della disciplina, ovvero se notificare o meno la decisione al governo, decisione spettante alla società. Al fine di evitare ogni possibile forma di conflitto d’interessi, mi sono astenuto da qualsivoglia attività e coinvolgimento – formale e sostanziale – sulla decisione dell’esercizio della Golden power di Retelit. Scrissi una lettera protocollata il 6 giugno con cui informavo della mia determinazione di astenermi da qualsiasi atto su questo procedimento. Non presi parte alla seduta del Consiglio dei ministri che ha esaminato tale questione, la seduta fu presieduta da Salvini”.
In conclusione, ha spiegato di non aver quindi mai preso parte alle decisioni riguardanti il procedimento di esercizio della Golden Power relativo all’operazione Retelit anche se “come già precisato, il mio parere non ha riguardato questo profilo della decisione, ma esclusivamente il profilo preliminare riguardante l’esistenza o meno dell’obbligo di notificare l’operazione al Governo. La piena correttezza del mio operato è stata certificata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, istituzionalmente deputata, nel nostro ordinamento, a vigilare sulle ipotesi di conflitto di interesse dei membri del Governo”. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato “ha ritenuto di non dover avviare alcun procedimento ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 215, non ritenendo sussistenti i presupposti per l’applicazione della legge” in materia di conflitto di interessi.