Tra le riforme che saranno varate dal Governo Conte c’è, almeno nelle intenzioni, la rivisitazione della Legge Fornero con la reintroduzione, nel sistema previdenziale italiano, della celebre ‘Quota 100’. Come funziona? Come abbiamo già evidenziato più volte, si tratta della possibilità di uscire dal lavoro quando la somma degli anni di contributi versati e l’età anagrafica dà un risultato pari a 100 anni. Questo vuol dire che se si hanno 20 anni di contributi si andrà in pensione a 80? Assolutamente no. La Pensione Quota 100, infatti, non andrebbe a sostituire la pensione di “vecchiaia”. Si ritornerebbe, in somma, al periodo precedente alla Riforma Fornero. A oggi sopravvivono alcune tipologie residuali di pensione di anzianità con le quote: si tratta delle pensioni degli addetti ai lavori usuranti, delle pensioni dei beneficiari delle salvaguardie e del cosiddetto salvacondotto. Ma attenzione, perché Alberto Brambilla – noto esponente molto vicino alla Lega e favorito per il ruolo di sottosegretario al Lavoro – evidenzia alcuni particolari da non sottovalutare.
Leggi anche: Riforma Pensioni, il pensiero di Tito Boeri (INPS)
Pensione quota 100, con il Governo Conte una ‘rivisitazione’ della Legge Fornero?
Alberto Brambilla, economista vicino alla Lega e in pole position per diventare sottosegretario al Lavoro, ha spiegato di recente quello che aveva anticipato nelle settimane passate: se si vuole superare la Legge Fornero senza far saltare i conti e spendendo “solo” 5 miliardi di euro in più all’anno, si può sì introdurre la quota 100, fissando però una soglia minima di 64 anni per l’età del pensionamento. Dunque, chi spera di ritirarsi dal lavoro con 60 anni di età e 40 di contributi, oppure a 61 anni con 39 di carriera, potrà mettersi l’animo in pace. Per loro la quota 100 non varrà. In questo caso, non vi sarà dunque la tanto sbandierata cancellazione della Legge Fornero ma appunto una sua revisione soft, che consentirà di anticipare l’uscita dal lavoro di non più di 3 anni.
Pensione quota 100, via prima dal lavoro ma con meno soldi
L’uscita dal lavoro a 64 anni, dunque con la Quota 100, potrebbe comportare un taglio dell’assegno di almeno l’8% secondo una prima stima. Calcolando questa riduzione su un lavoratore che lascia il lavoro con uno stipendio mensile di 1200 euro, con le regole attuali andrebbe in pensione a 67 anni con un assegno di 900 euro al mese; con la quota 100 lascerebbe a 64 anni con 828 euro di assegno, pari a quasi una mensilità in meno ogni anno. Si direbbe addio al mondo del lavoro prima, ma con meno soldi.