Con il termine di “lavoro nero” o “lavoro irregolare” si indica un rapporto di lavoro nel quale il datore, sia esso una persona fisica o giuridica, si avvale di prestazioni lavorative senza aver inquadrato la manodopera impiegata con un contratto di lavoro ufficiale ovvero non registrato e dunque giuridicamente nullo/irregolare.
I rischi per il lavoratore
Dal momento che il lavoratore in assenza di contratto non viene riconosciuto dalle autorità statali competenti, né dai vari istituti previdenziali come Inps e Inail, allo stesso lavoratore non può essere riconosciuta alcuna copertura previdenziale, assicurativa e di tutela previste dalla legge. Il lavoratore in nero, qualora sia comprovato il rapporto di lavoro e non percepisca alcun sussidio, non rischia nulla; inoltre la sua posizione potrebbe essere regolarizzata una volta effettuati gli opportuni accertamenti.
I casi in cui il lavoratore infrange la legge
Diverso il discorso nel caso in cui il lavoratore abbia dichiarato di essere disoccupato agli enti competenti e percepisca un’indennità di disoccupazione, la cassa integrazione o altro sussidio legato alla dichiarazione dello stato di disoccupazione: in questo caso è lui stesso a infrangere la legge (fonte il portale “La Legge per Tutti”). Se il lavoratore ha dichiarato al Centro per l’impiego di essere disoccupato, rischia di incorrere nel reato di falsa dichiarazione, ovvero di falsità ideologica (art. 483 codice penale, con reclusione fino a 2 anni). Nel caso in cui il “finto disoccupato” abbia percepito ammortizzatori sociali pagati dallo Stato, rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni (art. 316 ter codice penale); se ha percepito una somma non superiore ai 3.999,96 euro, incorrerà in una sanzione amministrativa compresa tra 5.164 e 25.822 euro (art. DPR 445/2000). Prevista, inoltre, la decadenza del beneficio: questo significa che oltre a perdere il sussidio di disoccupazione o mobilità, il lavoratore potrebbe dover restituire all’Inps delle somme pagate e risarcire all’ente il danno.
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Le sanzioni per i datori di lavoro
La legge, e in particolare l’ultimo decreto semplificazioni del Jobs Act, sanziona pesantemente il datore di lavoro che si avvale di manodopera non regolare, disponendo che sia punito con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i 1.500 euro e i 36.000 euro, a seconda della durata della violazione commessa; tre, in particolare, gli “scaglioni” individuati:
- fino a 30 giorni di lavoro a nero: sanzione tra i 1.500 a 9.000 euro;
- da 31 a 60 giorni: sanzione da 3.000 a 18.000 euro;
- oltre i 60 giorni: sanzione tra i 6.000 a 36.000 euro.
Segnaliamo, inoltre, che per l’impiego di minori e stranieri in nero, sono previste multe addizionali; nel caso ci si avvalga di prestazioni lavorative fornite da extracomunitari privi di permesso di soggiorno, si rischia l’arresto da 3 mesi a 1 anno e un’ammenda fino a 5.000 euro. Infine potrebbe essere disposta la sospensione dell’attività nel caso in cui si accerti che l’organico è composto oltre al 20% da lavoratori in nero.
Cosa può (anzi, deve) fare il lavoratore
Ricordiamo a tutti i lettori che il lavoro in nero può essere denunciato, anche in forma anonima, rivolgendosi all’ufficio dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro, struttura pubblica del Ministero del Lavoro.
In apertura: foto di skeeze/Pixabay.com