Come il web ha cambiato la nostra vita, intesa come fulcro sociale dei nostri rapporti interpersonali con amici e conoscenti? La risposta è semplice: non è stato un cambiamento, bensì una rivoluzione. Oggi infatti anche il “peso specifico” dell’immagine di un’azienda non è più dato da quei parametri classici (qualità, prezzo, affidabilità, per fare degli esempi) in base ai quali il brand veniva apprezzato o meno.
Tutto ciò è stato superato. Con l’avvento di Facebook in particolar modo, ma in generale con tutti i social network, noi siamo gli amici che abbiamo: in poche parole un numero basso di contatti trasmette un messaggio di scarsa popolarità del brand di un’azienda, e quindi è nocivo per la reputazione. Viceversa, se l’azienda ha migliaia di “amici” vuol dire che è apprezzata e questo attirerà altre persone.
L’equazione matematica è semplicissima: popolarità è uguale a reputazione. Ma questo modello spesso e volentieri lascia sullo sfondo il motore del funzionamento del web, e cioè la “relazione”. È questo il caso di aziende che hanno migliaia e migliaia di fan su una pagina che è inerte, fredda, sempre uguale, e che non stabilisce nessun tipo di dialogo dinamico con quelli che la seguono. Tanti amici va bene, ma se quegli amici non torneranno più a fare una “visita”, l’azienda che valore potrà trarre dalla propria fan-page? Nessuna. Perché questa gara dal sapore infantile del “ho più amici io di te” è la regola per molte aziende italiane.
Si punta sulla quantità e non sulla qualità e sono pochi i marchi che hanno compreso che la “reputazione” è basata sul dialogo, sull’ascolto, sul coinvolgimento e sulla disponibilità dei followers che la seguono. Perché è soltanto attraverso una sana relazione che l’azienda stabilisce sul web con i propri “amici/fan” che nel tempo potrà restituire i risultati sperati, sia in termini reputazionali che commerciali.