La fotografia ha molti mezzi per raccontare bugie. Innanzi tutto c’è la scelta operata dal fotografo sul cosa immortalare. Prendiamo ad esempio una manifestazione di piazza. Il fotografo può scegliere di concentrarsi sulle frange violente, oppure su quelle moderate dei manifestanti, dando un senso diverso al racconto della manifestazione. Importante è anche il quando e quanto scattare. Il tempo influisce sul significato di una foto. È possibile immortalare una carica della polizia senza mostrare la precedente sassaiola per spostare il significato di un’immagine, inoltre si può scattare molte foto diverse della stessa carica, tagliando tutti gli altri momenti di calma, per dare rilevanza solo a quell’evento.
Un altro metodo per mentire è la composizione. La fotografia immobilizza una piccola parte della realtà, viene da se che quando si osserva un’immagine occorre anche domandarsi cosa le stava attorno e non si vede. Il fotografo potrebbe avere scelto un determinato taglio per escludere o includere elementi che modificano profondamente il senso di un’immagine. Ad esempio un paesaggista può decidere di includere una ecomostro costruito su un tratto di mare per osannare la bellezza di quella costa oppure può includere tale ecomostro e creare una immagine di denuncia ecologista o contro l’amministrazione pubblica che ha permesso tale scempio.
Anche dopo la fase di scatto il fotografo ha uno strumento per mentire che consiste nel rendere pubbliche solo determinate immagini coerenti con quello che si vuole raccontare. Nonostante tutti questi strumenti fotografia e fotografi restano elementi cardine dal sistema informativo, e sono certo che dalle foto è possibile ancora trarre racconti veritieri, occorre però valutare le immagini con molta attenzione soprattutto quando si hanno davanti immagini che creano scalpore. La verità in fotografia esiste, ma va cercata con cura.