È uno degli attori più bravi del cinema e della televisione, parliamo di Marco Giallini, classe 1963, impegnato al cinema con il nuovo film Domani è un altro giorno in coppia con l’amico Valerio Mastrandrea. Intervistato da Vanity Fair, l’attore ha raccontato dei suoi esordi da giovane, è tornato a parlare del brutto incidente nel quale 12 anni fa ha rischiato di perdere la vita e ha parlato della sua famiglia, alla quale è molto attaccato.
Marco Giallini e il dolore: dall’incidente in cui rischiò la vita alla malattia della madre
Sull’incidente avvenuto 12 anni fa e raccontato anche in altre interviste, Marco Giallini ha ricordato: «A terra, sull’asfalto di via Nomentana mi apparve prima Sabrina Ferilli, le sussurravo: “E adesso? Come facciamo a recitare insieme tra pochi giorni?“. E poi la testa pelata di un infermiere che mi ripeteva: “Ma tu non sei l’attore? Mi raccomando, non addormentarti”… Quello che mi è successo in fondo mi riporta alla mia natura: stare sempre all’erta. Se ti distrai, è finita!». Deve essere stato proprio quest’ultimo monito a rendere Marco Giallini una persona migliore, a dare importanza al presente e agli affetti: «A fine anni ’60 si viveva senza farsi troppe domande e senza parlare troppo. C’era una normalità meno nevrotica. Ci sembrava tutto bello… Avevo tre fratelli e ne sono rimasti due. Uno aveva 15 anni in più di me, faceva il tipografo alla Zecca dello Stato e non c’è più. L’altro, Ezio, fa lo spedizioniere controllando pacchi e smistandoli. Poi c’è Giuseppe. È come un ragazzino di dieci anni, ma ne ha quarantanove. Gli mancò ossigeno durante il parto, così dissero a mia madre… Se qualcuno me lo toccava, Giuseppe, o peggio gli rideva dietro, faceva i conti con me… Purtroppo mamma non c’è più. Aveva l’Alzheimer. All’inizio dimenticava le cose, poi iniziò a non riconoscere i miei figli. Mi metteva paura, si perdeva in un attimo, chiedeva: “Come sta la bambina?”. E parlava di mio figlio Diego, di 17 anni!».
Marco Giallini e la lunga gavetta: «Non ho mai chiesto niente a nessuno!»
E il dolore Marco Giallini lo ha conosciuto sul serio, anche dopo aver conosciuto il successo: «Ho attraversato il dolore e il dolore mi ha cambiato. Ero più riservato, ma adesso che gli anni passano e la corda brucia da entrambi i lati è come se sentissi un’urgenza e avvertissi la fretta di non perdere tempo e di sbrigarmi. Se piango? Mi capita e mi è capitato, ma non me ne sono mai vergognato. Neanche davanti ai miei figli. Farsi consolare forse è sbagliato, ma mostrare le proprie debolezze e gli occhi umidi non lo è mai. Mio padre, era fondamentalmente un duro, ma non si vergognava di farsi vedere in lacrime!». E dal padre l’attore ha ereditato il carattere: «Sono come lui, un uomo incapace di qualunque retorica. Bisognava fare. E lui faceva!». Tra alti e bassi, passo dopo passo, Marco Giallini ha costruito la sua carriera, senza lamentarsi e soprattutto senza chiedere l’elemosina a nessuno: «Erano anni in cui misuravo la mia popolarità con gli spettatori che non mi dicevano. “Bravo”, ma chiedevano: “T’ho già visto da quarche parte, per caso abiti nel quartiere mio?” Ma a me la porta in faccia non l’ha mai chiusa nessuno semplicemente perché io non ho mai chiesto niente a nessuno. Ci vuole un certo talento anche per chiedere l’elemosina. Non è mai stato il mio […] Quando per un ruolo sceglievano un altro scaricavo le bibite, imbiancavo i muri, facevo cento lavori e non provavo mai rancore!». E oggi? È sereno? Come definirebbe la felicità? «Una parola da mettere prima o dopo perché avvertirla quando la vivi è difficile. Se sei felice sempre però, secondo me è un problema!».