di Michela Becciu – Maria Chindamo è scomparsa misteriosamente la mattina del 6 maggio 2016. Vedova, madre di 3 figli e imprenditrice, la 44enne di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) quella mattina aveva un appuntamento di lavoro (di cui pochissime persone erano a conoscenza) con un operaio presso la sua azienda agricola che ha sede in località Montalto di Limbadi (Vibo Valentia). Di fronte all’ingresso della proprietà, poco dopo le 7, appena scesa dall’auto qualcuno l’ha brutalmente aggredita, ferita e portata via. Fatta sparire chissà dove. L’aggressore e i suoi presunti complici hanno agito in pieno giorno, senza temere niente. Il 6 maggio di un anno prima moriva suicida il marito di Maria, colpito da grave depressione perché lei lo aveva lasciato ed era decisa a ricostruirsi una vita accanto ad un altro uomo. Non una coincidenza: secondo gli inquirenti i due fatti sarebbero strettamente connessi e qualcuno avrebbe deciso di ‘dare una lezione’ alla donna, uccidendola. La Procura di Vibo Valentia da allora indaga a carico di ignoti per sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere.
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Una storia terribile e di una crudeltà inaudita. Qualcuno infatti, nel maggio di due anni fa ha deciso di rendere orfani anche di madre tre giovani ragazzi, figli dell’imprenditrice, che già avevano perduto il loro papà in maniera a dir poco drammatica. A prendersi cura di loro oggi è Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, il quale da allora si sta battendo strenuamente perché venga fatta giustizia sul caso. UrbanPost lo ha intervistato: il signor Chindamo si è rivelato essere una grande persona, piena di dignità, intelligenza e coraggio. Ci ha raccontato di sua sorella, di alcuni retroscena inediti precedenti la sua scomparsa e il suicidio del cognato, e non ha avuto remore a condividere con noi le sue angosce per la tragedia immane che ha colpito la sua famiglia. Una conversazione interessante e profonda, di cui vogliamo rendere partecipi i nostri lettori. Eccola:
Vincenzo, ci parli di sua sorella. Chi era Maria Chindamo?
“Mia sorella era una donna forte, onesta, lavoratrice, evoluta. Una persona per bene, molto legata alla sua famiglia, si comportava bene, curava gli affetti con me, con i nostri genitori, con gli amici. Una donna normale ed ‘evoluta’ per questo territorio … era questo il suo vantaggio, la sua caratteristica più bella e forse è stata proprio questa che ha dato fastidio”.
L’ultimo anno dev’essere stato particolarmente difficile per lei, rimasta vedova con il suicidio del marito, sola con tre figli e un lavoro da portare avanti. Si sentiva minacciata, intimidita da qualcuno? Aveva paura?
“Maria aveva dei timori più che delle paure, forse erano i timori di affrontare la vita, di dover affrontare tutto da sola e di dover ricostruire la sua vita con addosso questa grande croce che purtroppo il destino e il suicidio del marito le avevano messo addosso. E chiaramente, soprattutto i primi tempi, Maria era davvero molto nervosa. Aveva timore a muoversi, ad agire e reagire, a mettere in pratica i cambiamenti che lei aveva programmato però, nonostante ciò, teneva duro. Aveva questo nervosismo addosso ma non si fermava, andava avanti. Poi, certo, ogni cambiamento porta delle tensioni … è stato veramente un momento di cambiamento in peggio. Maria sì, era molto tesa subito dopo il suicidio di Nando e poi chiaramente le cose, man mano che prendevano forma, secondo le sue decisioni, prendevano un verso e la rasserenavano sempre di più, infatti nell’ultimo periodo era serena”.
Quando l’ha vista per l’ultima volta, come stava sua sorella?
“Pensi che il giorno prima della sua scomparsa, io insegnavo in una scuola a Polistena, dove stavo facendo una supplenza in un Istituto alberghiero che aveva organizzato un ristorante didattico; un giorno alla settimana apriva all’esterno e quindi c’erano questi ragazzi della scuola che si atteggiavano a grandi cuochi, a grandi maître, e quindi servivano il pranzo all’esterno … così, ecco. E mia sorella era venuta a trovarmi con questa sua amica, che stava da lei, e siamo andati a mangiare insieme, c’erano anche la figlia di Maria e Gabriella, mia moglie. Mia sorella era tranquilla, era proprio bella, felice di vedere quell’iniziativa così positiva … la presentai anche alla preside”.
L’amica di Maria che lei ha citato è ‘quella’ amica che dopo la scomparsa di sua sorella si è resa irreperibile?
“Sìsì, è lei. A me il suo comportamento è sembrato molto strano. Stiamo parlando di un’amica intima di Maria. Si sentivano tutti i giorni, lei abitava lontano, nel nord Italia, ma quando era qui si vedevano tutti i giorni. Come fa a volatilizzarsi in questa maniera davanti alla scomparsa dell’amica? Magari un giornalista non lo vuoi sentire o vedere, e ci sta, ma troncare ogni rapporto con i figli, con la famiglia … non una parola. Niente, nemmeno una volta“.
Secondo lei ha paura? Nasconde qualcosa?
“Il suo comportamento mi fa molto insospettire. Forse sa qualcosa, ha raccolto qualche confidenza di mia sorella … che poi questa presunta confidenza possa essere significativa non sta a lei deciderlo, soprattutto in questa fase avanzata delle indagini, dove gli inquirenti hanno tanti tasselli, di cui forse qualcuno insignificante. Magari con un buon incastro si potrebbe arrivare al nocciolo della questione …”.
Chi ha fatto del male a sua sorella non ha temuto niente. Ha agito in pieno giorno e – lo hanno confermato le indagini – ha prima manomesso una telecamera collocata all’interno di una proprietà privata
“Sìsì. C’è la strada, a destra della strada da cui è arrivata Maria in auto c’è il cancello della sua azienda; nella proprietà dirimpettaia, attraversando la strada dall’altra parte – quindi due cancelli che si guardano l’uno con l’altro – all’interno del cancello c’è una casetta. In questa casetta c’è una telecamera puntata proprio sul cancello di Maria quindi, se funzionante, quel giorno avrebbe ripreso tutta la scena”.
Quindi chi l’ha manomessa è entrato in una proprietà privata
“Sì, non ci sono stati scassi, quella mattina questo signore (il proprietario dell’abitazione ndr) era lì, non ha dichiarato, non ha denunciato. Lui non si è accorto che la telecamera è stata manomessa, lo ha appreso dalle indagini. Le aggiungo che la persona in questione ha precedenti: è stata processata in passato per traffico di droga ed ha passato tanti anni in carcere”.
Un agguato in piena regola quello subito da sua sorella. Mi risulta che davvero poche persone sapessero che quella mattina Maria aveva un appuntamento di lavoro nella sua azienda, me lo conferma?
“Pochissime. Nemmeno io lo sapevo, né mia mamma né i figli. Lo sapeva l’amica che in quei giorni era ospite a casa sua, lo sapeva questo compagno – un poliziotto – che Maria stava frequentando, poi lo sapeva l’operaio bulgaro, Alessandro Dimitrov, e un altro operaio che doveva andare per la prima volta a fare un lavoro occasionale. Mia sorella aveva l’appuntamento alle 7 e ha fatto ritardo, arrivando alle 7:15, ma lui ha fatto un ulteriore ritardo, arrivando alle 7:30. Gli indizi sono tanti, un eventuale processo indiziario qui terrebbe … Maria non si spostava con cadenza regolare, solo in quattro sapevano di quell’appuntamento di lavoro”.

Vincenzo fratello di Maria Chindamo
Può descrivermi l’operaio bulgaro che da tempo lavorava per sua sorella? Che persona è?
“Alessandro io lo conoscevo da tanto tempo, lavorava non da un giorno con mia sorella, ma anche quando c’era Nando, mio cognato. A parte qualche bugia, fesserie sul lavoro, nient’altro. Non sembrava un tipo aggressivo, anzi, molto affettuoso, soprattutto con i bambini. Direi quasi ‘tenero’, ecco. Tuttavia io devo essere sospettoso di tutto e di tutti … la figura di Alessandro, beh, è fin troppo tranquillo e conosce molto bene l’ambiente di Rosarno. Lui dice di non aver visto e sentito niente; dice solo di aver visto quest’uomo con il cappellino bianco che si aggirava nei pressi della macchina di Maria e che, giusto il tempo di avvicinarsi all’auto, non lo ha visto più. Non sentiva perché aveva il trattore acceso vicino, non vedeva perché era in una posizione non favorevole …”.
Sua sorella è stata aggredita, ferita e sequestrata davanti al cancello della sua proprietà. C’era il suo sangue sull’auto
“Esatto. Era pieno di sangue: quando sono arrivato lì, il tempo di chiamare i carabinieri, e ho visto il sangue sugli sportelli, sul cofano, a terra, anche su un muretto a distanza di qualche metro. Lì è successo il macello. Una scena che immagino e che anche oggi è oggetto di miei incubi che spesso di notte mi svegliano. La nostra è una famiglia per bene, i nostri genitori, insegnanti, ci hanno cresciuto con dei sani principi, con la buona educazione, e nessuno mai si era permesso di alzare un dito nei confronti di mia sorella. Nemmeno Nando, mio cognato, un uomo buono”.
Suo cognato si è suicidato perché incapace di accettare la decisione di Maria di lasciarlo
“No, per niente. Era caduto in una profonda depressione che condivideva, anche con me; si confidava, mi chiamava, veniva a trovarmi … lui era ancora innamorato di Maria e non accettava questa cosa. Addirittura aveva già tentato di suicidarsi, però mia sorella mi ha chiamato in tempo, io sono arrivato velocemente dove si trovava e dopo una lunga trattativa, anche con l’aiuto di un suo amico, siamo riusciti a togliergli l’arma dalle mani. Lui era con un fucile puntato sotto la gola che piangeva come un bambino… Ma lui ormai non c’era più. Un uomo forte fisicamente, alto e robusto, anche caratterialmente, quindi vederlo in quella maniera mi ha sconvolto. Non era più lui”.
Infatti poi è riuscito nell’intento di togliersi la vita
“Sì. Poi si è riorganizzato e si è ucciso con una pistola”.
Sua sorella ha pagato con la vita perché, da donna libera, aveva deciso di lasciare suo marito e farsi una nuova vita accanto ad un altro uomo. Questa la tesi degli inquirenti
“Sì. E’ una cosa incredibile. Tra l’altro, legandola alla storia del territorio, purtroppo questa non è una storia nuova. Nella Piana di Gioia Tauro sono oltre venti le donne uccise e fatte scomparire per questioni – tra virgolette – ‘d’onore’. Le confesso che ho anche pensato di andare via da questo territorio, perché questo problema mi mette ad un angolo e mi fa stare male. Pensare che le mie figlie e le mie nipoti possano incontrare un giorno un problema del genere e incontrare qualcuno intriso di cultura mafiosa, che qualche amico e parente possa vendicarsi su di loro per qualche loro scelta libera, mi mette un’angoscia incredibile. Io penserei di andare via poi, sa, uno incontra tanta gente che come me e la mia famiglia vuole una Calabria diversa e questo ci incoraggia a stare qui e lottare per certe cose… Io le confesso che mi sono abituato a convivere con le mie paure, ma ancora oggi quando rientro a casa, la notte, quando è buio .. io ho paura”.
L’ipotesi investigativa regina, battuta dalla Procura fin da principio, è quella che lega il sequestro e l’omicidio di Maria al suicidio del marito, Ferdinando Punturiero, avvenuto esattamente un anno prima
“Esatto. Io ho ancora davanti i computers di Maria – li hanno dissequestrati – e pare non vi abbiano trovato niente. Io li guardo spesso e ci trovo attività normali, i fatti dei figli e di lavoro (lei faceva la commercialista), trovo F24 di persone che tra l’altro conosco, fotografie, documenti normali. Non ho trovato niente di losco, Maria aveva una vita regolare e conosco anche i suoi conti correnti, di cui mi sono occupato quando la sua azienda è stata affidata a un amministratore. Tutto ciò mi rassicura sul fatto che non c’è nient’altro, nessun’altra pista”.
L’ipotesi degli inquirenti è che qualche parente del marito di Maria l’abbia uccisa e fatta sparire perché ‘rea’ di averlo in qualche modo indotto al suicidio
“Subito dopo la scomparsa di Maria, la Procura si è indirizzata subito là; ha fatto una quarantina di sequestri tra automobili e mezzi agricoli appartenenti alla famiglia dei parenti di mio cognato. Hanno fatto almeno 4-5 scavi in terreni appartenenti alla famiglia di mio cognato. Evidentemente, quindi, anche la Procura in varie fasi ha pensato questo, non sono solo io ad ipotizzarlo”.