È morto Martin McGuinness, l’ex-comandante dell’Ira , poi leader dello Sinn Fein, quindi vice primo ministro del governo congiunto autonomo nord-irlandese. Si è spento a 66 anni di età dopo una breve, rara malattia genetica. Le sue dimissioni da vice-premier nel gennaio scorso avevano innescato una crisi politica a Belfast, risolta con elezioni anticipate che hanno visto il suo partito pareggiare, per la prima volta nella storia, con gli avversari storici del Dup (Democratic Unionist Party).
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Martin McGuiness è stato sostituito da Michelle O’Neill, quarantenne, la prima leader dello Sinn Fein a non avere conosciuto sulla propria pelle la guerra civile, la violenza e il carcere. L’inizio di una nuova stagione, che potrebbe concludersi, anche grazie alla Brexit, con un referendum per la riunificazione della ‘provincia’ britannica con il resto dell’isola, la repubblica d’Irlanda. Martin McGuiness è stata una figura controversa. Per il governo britannico, infatti, McGuiness è stato a lungo un terrorista. Come capo dello staff e quindi comandante in capo dell’Irish Republican Army (IRA) ha guidato i cattolici nord-irlandesi durante una lunga parte dell’era dei Troubles, trent’anni di conflitto intestino che hanno provocato 3 mila morti, stragi, torture e immani sofferenze.
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Leader dell’IRA ma anche astuto uomo politico. Martin McGuinness ha avuto la capacità di comprendere che il sogno dell’indipendenza dell’Irlanda poteva avvenire soltanto attraverso la pace, il dialogo e il tempo per ricucire le ferite reciproche. Così, insieme a Gerry Adams, iniziò un dialogo con Tony Blair da quando l’allora premier laburista si insediò a Downing Street. Il risultato furono gli Accordi del Venerdì Santo del 1998, che hanno pacificato la regione e convinto l’Ira a disarmarsi.