Milano Marittima è oramai diventato il quartier generale di Matteo Salvini, il suo secondo ufficio. Il vice-premier e ministro dell’Interno, a torso nudo, infradito, mojito alla mano e boxer nero – e ringraziamo il cielo che non abbia scelto uno slip! – si è improvvisato con tanto di cuffie dj alla consolle del Papeete Beach. Tutti a urlare e divertirsi, non mancavano nemmeno le cubiste sexy scatenate sulle note dell’Inno di Mameli in versione remix, come si vede in alcuni video pubblicati da Open, giornale online diretto da Enrico Mentana.
Dopo l’episodio della moto d’acqua, Salvini si improvvisa dj al “Papeete beach”
Davvero un soggiorno memorabile per il leader della Lega, che a fine mese è finito nella bufera per aver permesso che il figlio salisse su una moto d’acqua della Polizia. Ma quel che è peggio è che al videomaker di Repubblica, presente in spiaggia al momento del “giretto”, è stato proibito di fare le riprese. Valerio Lo Muzio ha scelto, qualche giorno, di raccontare la sua versione dei fatti. Perché il giornalismo non deve servire chi governa, ma coloro che sono governati. Il video reporter si era avvicinato al ministro dell’Interno per chiedere un’intervista, ma questi seccato aveva replicato con un semplice: «Sono con mio figlio in vacanza, non parlo!». Fin qui ci sta, il dopo invece stona. Il ministro, accompagnato da suo primogenito, si è poi avviato sulla battigia, dove c’erano due agenti della Polizia con altrettante moto d’acqua. «Attorno al ministro si crea un grande capannello di gente, bagnanti che si accalcano per un selfie ricordo, che lo abbracciano e lo incoraggiano ad andare avanti, a “tenere botta”» – ha riferito Valerio Lo Muzio, il quale è stato maltrattato da alcuni “agenti” in spiaggia mentre faceva il suo lavoro. Il suo lavoro, è bene sottolinearlo. «Io però ho tutto il diritto di essere lì e di registrare la scena, che è di interesse pubblico: il figlio di un ministro che per divertimento sale a bordo di un mezzo della Polizia, guidato da un uomo in divisa che in quel momento rappresenta lo Stato. Quindi ribatto: “Sono un giornalista, sono in un luogo pubblico”. E loro per la prima volta si presentano: “Noi siamo della Polizia”. Mi viene intimato di spegnere la telecamera e favorire i documenti. I due si accertano che la telecamera sia spenta e dopo aver fotografato il mio tesserino dell’ordine dei giornalisti e la mia carta di identità mi dicono: “Bene ora sappiamo dove abiti”», ha raccontato Valerio Lo Muzio, a cui infine un uomo ha chiesto di non divulgare il materiale girato: «Da poliziotto le chiedo di non riprendere la moto perché mette in difficoltà tutti quanti noi!».
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Conferenza stampa a Milano Marittima: «Vada a riprendere i bambini in spiaggia!»
E alla conferenza stampa svoltasi a Milano Marittima è andata in scena la seconda parte: Valerio Lo Muzio è stato insultato alla presenza di altri colleghi. «Non parlo di figli e di minori che vanno tenuti fuori della polemica politica. Mi vergogno per chi coinvolge i bambini nella polemica politica. Vada a riprendere i bambini, lei che è specializzato e le piace tanto. Vada a riprendere i bambini in spiaggia!», ha affermato Matteo Salvini, a cui è seguita la replica del giornalista: «Mi sta dando del pedofilo?». Il vice-premier non soltanto non si è scusato, ma ha concluso: «Andiamo insieme in pedalò, visto che sei maggiorenne ti posso invitare!». Uno schiaffo all’informazione dopo l’altro. E non solo. Perché con l’episodio della moto d’acqua Salvini non solo ha messo nel ridicolo il Viminale, ma soprattutto la Polizia davanti alla stampa libera, quella che fa gli interessi degli italiani. La scelta di fare ricorso a modi sguaiati, come pure quella di usare fortemente la propria fisicità, come aveva fatto prepotentemente qualcun altro prima di lui, è opinabile. Anzi, forse alla lunga ha cominciato anche a stancare.