Che Parigi sia una città scandalosamente bella è acclarato. La versione di Parigi che intendiamo proporvi in questo articolo è però distante dalla classica iconografia calda, venata di gusto barocco e seducente come solitamente la città più romantica del mondo viene percepita e offerta. L’autunno all’ombra della Tour Eiffel può esser tutt’altro che crepuscolare; perciò avanti a una nuova versione di Parigi legata all’architettura del ferro, al suo clima squisitamente continentale che rende le mattinate rigide e grigie.
Ecco come abbiamo trovato Parigi in questo autunno, ben lontano dai viali infiammati da pavimenti di foglie. La città è declinata in una versione che poco concede all’emozione; una sorta di celebrazione del lato migliore dell’urbanizzazione capace di generare scorci inediti con buona pace della Senna e di Montmartre.
La secca precisione di una bella linea architettonica, la celebrazione dell’ingegno umano e la concessione della vista della Tour Eiffel quasi accidentale e non trattata come sistematico simbolo iconografico di una città capace, invece, di andare oltre ci paiono un ottimo modo per celebrare una ricorrenza importanza. Alla vigilia dell’Expo meneghino vogliamo ricordare e celebrare lo spirito pioneristico e positivista di quella Parigi dell’Esposizione Mondiale, nel lontano 1889, di quella Tour Eiffel che rompeva sfacciatamente con i canoni estetici vigenti attirandosi critiche apocalittiche ed educando ad uno sguardo nuovo turisti e cittadini.
“Edificio inutile e insostituibile, mondo familiare e simbolo eroico, testimone di un secolo e monumento sempre nuovo, oggetto inimitabile e incessantemente riprodotto…” Roland Barthes
Foto di Giulia Cassullo per Urbanpost