Joel Meyerowitz (New York 1938) è considerato uno dei massimi esponenti della New color Photography, la sua opera, che si tratti di fotografia di strada o di paesaggio è interamente basata sull’interpretazione del colore che secondo il maestro possiede una capacità descrittiva più forte rispetto a quella del bianco e nero. Il colore è pertanto significato allo stato puro e diventa lo strumento fondamentale con la quale il fotografo indaga con sguardo critico la condizione umana, la quale può essere vissuta nella sua complessità attraverso la contemplazione.
Nella sua opera di analisi della società moderna Meyerowitz si sofferma sulle storie ordinarie, casuali e semplici, collegandole tra di loro in composizioni che esaltano le interconnessioni tra questi piccoli avvenimenti del quotidiano vivere. Meyerowitz è dunque interessato dalla simultaneità degli eventi e dalle relazioni che li legano, ciò lo porta a realizzare fotografie dove oggetti, gesti, sguardi, colori, luce ed ombra, sono elementi necessari da interpretare in modo sincronico per dare vita e significato alla foto stessa.
Anche le fotografie di paesaggio del maestro sono architettate sulla convivenza di molti elementi diversi ma legati l’uno all’altro al fine di dare vita ad una storia o ad un’emozione ben visibile. Questa capacità di Meyerowitz di utilizzare gli elementi umani e non per trasmettere un fatto o un’emozione è ben visibile anche in uno dei suoi ultimi lavori eseguito a Ground Zero subito dopo la caduta delle torri. Per molti mesi il fotografo si aggirò tra le rovine nel tentativo di salvare con la fotografia il ricordo di un evento che nella sua tragicità ha cambiato la storia. Il risultato di questa ricerca è visibile nel libro Aftermath dove quattrocento immagini illustrano i primi lavori di ricostruzione effettuati sul luogo. Le fotografie sono accomunate da un uso del colore volto a fare da collante tra i molteplici significati rappresentati ed il mix di sentimenti a volte contrastanti sollevati da questo tragico evento.