Ci sono voluti dieci anni. Dieci lunghi anni di lotte continue e di dolore per avere un minimo di giustizia, se così si può definire. La famiglia Cucchi però è riuscita a dimostrare ciò che già era noto agli occhi di tutti, e ora il processo per Stefano è finito: i carabinieri Di Bernardo e D’Alessandro sono stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale.
Il processo per Stefano Cucchi
E’ arrivata qualche minuto fa la sentenza per i cinque carabinieri imputati nel processo bis per la morte di Stefano Cucchi: condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale i militari Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Dopo otto lunghe ore di Camera di Consiglio, i giudici della Corte d’Assise di Roma, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, hanno reso nota la sentenza. Termina così il processo Cucchi bis sulla morte di Stefano, il 31enne romano arrestato per droga nella notte del 15 ottobre 2009 e deceduto sette giorni dopo, all’ospedale Sandro Pertini di Roma, mentre era ancora sottoposto a custodia cautelare.
Il processo sui presunti depistaggi per mano dei cinque carabinieri era cominciato nei giorni scorsi con l’astensione del giudice Federico Bona Galvagno, decisione dovuta al suo passato da carabiniere ora in congedo. Dopo il colpo di scena, il processo è passato nelle mani della collega Giulia Cavallone che subito, come un puzzle, ha tentato di mettere uno di fianco all’altro i pezzettini di un enigma pieno di buchi neri. Buchi neri che si sono però rimpiccioliti sempre di più grazie alle testimonianze rilasciate dal Carabiniere Francesco Tedesco, uno degli imputati che ha accusato i due colleghi Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo del pestaggio avvenuto quella notte nei confronti di Stefano Cucchi. Ma non solo: Tedesco accusò anche tutta la catena di comando dell’arma di aver cercato di manipolare le indagini per proteggere i colleghi, un esempio è proprio una nota, casualmente sparita nel nulla, redatta da lui il 22 ottobre 2009 in cui raccontava ai suoi superiori tutto l’accaduto. Questo episodio era stato confermato anche dal collega Riccardo Casamassima, il militare che ha contribuito a fare luce sul caso e che ha spinto sia il Ministero della Difesa sia l’Arma dei carabinieri a costituirsi parte civile nel processo.
I capi d’accusa
Non si può definire una vittoria vera e propria, ma quasi. Il pubblico ministero Giovanni Musarò aveva avanzato, a inizio ottobre, verso i cinque carabinieri le accuse di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia rispetto alla morte di Stefano Cucchi. Con questo, era stata richiesta una condanna di 18 anni di carcere per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri colpevoli di aver picchiato Stefano. La sentenza li condanna invece a 12 anni di reclusione, per questo può definirsi solamente una mezza vittoria. Niente condanna invece per Francesco Tedesco, assolto per non aver commesso il fatto; a suo carico rimane solo la condanna a due anni e sei mesi per falso. Lo stesso reato viene contestato a Roberto Mandolini, comandante interinale della stazione Appia: 3 anni e otto mesi. Assolti, invece, Vincenzo Nicolardi e Tedesco e Mandolini dall’accusa di calunnia.
La corte ha disposto il pagamento di una provvisionale di 100mila euro ciascuno ai genitori di Cucchi e alla sorella Ilaria. Di Bernardo, D’Alessandro, Mandolini e Tedesco, invece, dovranno risarcire, in separato giudizio, le parti civili Roma Capitale, Cittadinanzattiva e i tre agenti della polizia penitenziaria e intanto sono stati condannati al pagamento delle loro spese legali per complessivi 36mila e 500 euro. Di Bernardo e D’Alessandro sono stati inoltre interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, mentre un’interdizione di cinque anni è stata disposta per Mandolini.
Le parole dei familiari di Stefano
“Siamo all resa dei conti“, aveva detto questa mattina la sorella di Stefano. Ilaria, che ha dedicato gli ultimi dieci anni della sua vita internamente alla ricerca di risposte. Perché hanno ucciso suo fratello? E soprattutto, chi è stato in grado di ridurlo in quello stato, portandolo alla morte?
“Ci sono voluti dieci anni di dolore”, le prime parole dei genitori di Stefano Cucchi, Rita Calore e Giovanni Cucchi sono queste. “Non avremmo mai mollato, mai”, ha poi aggiunto la mamma di Stefano, che ha voluto ringraziare l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il pm Giovanni Musarò, per la riapertura del caso. “Noi non volevamo un colpevole qualsiasi, noi volevano la verità, abbiamo sempre cercato la verità, e oggi l’abbiamo ottenuta”, ha sottolineato infine il padre del geometra romano. “Ci sono voluti 10 anni ma abbiamo mantenuto la promessa fatta a Stefano l’ultima volta che ci siamo visti, che saremmo andati fino in fondo”, ha commentato, in lacrime, Ilaria.
“Il nostro pensiero va al carabiniere Riccardo Casamassima, che oggi era qua al nostro fianco, e alla moglie Maria Rosati, per tutto quello che stanno passando”, ha inoltre aggiunto Ilaria Cucchi subito dopo la sentenza, risaltando il ruolo che il militare Casamassima ha avuto, grazie alle sua testimonianze, nella riapertura del processo.