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Napoli, Saviano attacca De Magistris: “Nessuna riforma avviata, non mi deludere”

11/01/2013 17:25 - Aggiornamento 11/01/2013 17:30

Botta e risposta tra Roberto Saviano ed il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Sulle colonne de L’Espresso, il noto scrittore aveva indirizzato una lettera aperta al primo cittadino napoletano, chiedendogli sostanzialmente di non deluderlo.

sindaco de magistris napoli

L’autore di Gomorra rimprovera all’ex magistrato di non aver avviato alcuna riforma. “Dov’è la città promessa?”. Secondo Saviano, inoltre, le periferie sarebbero state completamente dimenticate dall’attuale amministrazione comunale.

Ecco, di seguito, il testo integrale della lettera scritta da Roberto Saviano all’indirizzo di Luigi De Magistris e pubblicata dal settimanale “L’Espresso” 

Caro Sindaco De Magistris,

sono consapevole che qualsiasi forma di critica venga rivolta a lei e al suo operato viene interpretata come una critica personale. O si è con lei in tutto o si è un suo nemico. Chi le parla è una persona che l’ha sostenuta, come hanno fatto in tanti.

Chi le parla, a maggio di due anni fa, durante la sua campagna elettorale, con un editoriale in prima pagina su “Repubblica”, la sostenne sperando che la sua amministrazione avrebbe inaugurato un nuovo progetto per la città. E non abbia l’ingenuità di accomunarmi a chi l’accusa di essersi corrotto con la politica, né a chi ritiene che abbia fatto questa scelta per interessi privati. Non lo penso. Allo stesso modo lascia interdetti ascoltare che le parole di analisi e di critica che le ho rivolto sarebbero secondo lei il frutto di una campagna elettorale o di finalità elettorali. E’ cosa assai ambigua da ascoltare, come quando parla di masso-mafie in maniera tanto generica da suscitare ilarità più che preoccupazione. Non mi sono mai candidato, né ho mai preso parte a una militanza. Il mio mestiere è un altro. Quindi le analisi al suo operato non sono ispirate da nessuna campagna elettorale. Non banalizzi.

Caro Sindaco, amministrare una città come Napoli è forse uno degli impegni più complessi che ci si possa consapevolmente assumere. Città caotica, piena di debiti, con mille difficoltà. Impegno che ha avuto il coraggio di prendere. Ma ciò che fa più male è vedere come non sia stato iniziato nessun percorso di riforma. A meno che per riforma non si intenda cambiare uomini e mettere i propri. Certo, anche questo è parte di un piano di cambiamento, ma non può essere il solo cambiamento possibile. Il sottotesto di ciò che spesso dice sembra essere: “Napoli è diversa perché ci sono io”.

Napoli signor Sindaco non sembra per nulla diversa. Ha deluso il comportamento verso i collaboratori “licenziati”: Raphael Rossi, Giuseppe Narducci, Riccardo Realfonzo, Silvana Riccio. In molti casi l’unica colpa era un disaccordo con lei non nel progetto generale, ma in scelte particolari. Scelte che non erano mancanze di lealtà nei suoi confronti, ma erano proposte per evitare che Napoli finisse dinanzi la Corte dei conti o che si legasse a progetti economici poco chiari. E’ sembrato che queste persone da un giorno all’altro dall’offerta migliore che in quel determinato campo ci fosse, siano diventati peggiori collaboratori possibili. Allontanati senza spiegazioni, senza motivi che non fossero clientele da conservare, bilanci da approvare e status quo da mantenere. Allontanati per dei contrasti che se superati sarebbero stati la prova di una reale volontà di essere discontinui rispetto a un passato insostenibile.

L’attitudine spesso è importante, e questo suo atteggiamento un po’ guascone sicuramente non rende le cose più facili in una città in cui chi ci vive deve sopportare una serie infinita di difficoltà. Sull’emergenza rifiuti nessun sistema virtuoso. Non sono state raggiunte le percentuali di differenziata promesse all’inizio del suo mandato. I rifiuti non sono diventati una risorsa, come in un circolo virtuoso potrebbero essere, ma una spesa e si spediscono altrove.

A breve, Sindaco, lei lo sa, il problema tornerà urgente come in passato. Le operazioni che adesso verrebbe da definire “di facciata” sono importanti: liberare il lungomare dalle automobili, portare la Coppa America in città, ma non le devo insegnare io cosa è successo a Valencia con la Coppa America.

Non devo essere io a dirle come il volto di una città può realmente cambiare approfittando in maniera virtuosa dei finanziamenti che vengono stanziati per grandi opere e grandi eventi. Inutile accusare Roma di inefficienza, che la gestione di Napoli fosse impresa complicatissima si sapeva dall’inizio. Ha accettato una sfida incredibile e avrebbe dovuto farlo con un piano strutturato, progetti concreti sul lavoro e sulle periferie

scampia napoli

Immediata la risposta del diretto interessato, Luigi De Magistris, che sulla versione online de L’Espresso ha voluto rispondere con un’altra lettera scritta di proprio pugno alle bacchettate del giorno prima di Roberto Saviano.

“Caro Roberto, sbagli tutto”

Se ami questa città, non puoi consentire che sia trattata come un palcoscenico pulp da piegare alla speculazione mediatica e commerciale. Se ami questa città, non puoi consentire che sia strumentalizzata a fine elettorale. Credo che Saviano non faccia un danno all’amministrazione o al sindaco, rispetto ai quali ogni critica è lecita, ma faccia un danno a Napoli.

Come ho detto in merito alla fiction Gomorra2, pur rispettando il diritto alla comunicazione e alla libera espressione artistica, comunque eviterò politicamente la riduzione di Scampia a merce da circo mediatico. Allo stesso modo contrasterò la trasformazione delle problematiche cittadine, in primis i rifiuti, a carne da macello elettorale.

Non posso non osservare, infatti, la tempistica ‘precisa’ e gli spazi ‘definiti’ di questa crociata unilaterale che Saviano ha ingaggiato: a poche settimane dal voto e su alcuni organi di informazione, vicini a quelle forze partitiche che pure hanno sostenuto il governo Monti (che ha strozzato i comuni, fra i quali il nostro) e che hanno amministrato per decenni questa città e questa Regione. Se lo ricorda questo Saviano? Erano i tempi dell’emergenza rifiuti e delle consulenze a pioggia, i tempi delle partecipate costruite come serbatoi di voti, durante i quali il lavoro era gestito come strumento di consenso elettorale. Erano gli anni in cui, amministrando in un ‘certo’ modo, si determinavano premesse negative per conseguenze drammatiche: quelle che oggi combattiamo quotidianamente e che impediscono la crescita della città.

A quali conseguenze mi riferisco? Un miliardo e mezzo di debito e ottocento milioni di disavanzo del Comune della terza città di Italia. Se la ricorda Saviano quella stagione? Se lo ricorda chi amministrava allora? E nonostante l’assenza di risorse, Napoli è da un anno e mezzo al riparo dall’emergenza rifiuti ed ha riconquistato, anche per questo, una nuova immagine internazionale, come dimostra la presenza turistica e la sua capacità di attrarre eventi.

Saviano capisce quale sforzo totalizzante è stato compiuto per evitare i sacchetti in strada, senza costruire altre discariche o inceneritori, e contrastando le tante “manine” che vorrebbero ancora Napoli in ginocchio sommersa dalla spazzatura? Ed in quella pista ciclabile – fatta con soldi che se non utilizzati per quello andavano persi – oppure nel lungomare chiuso al traffico e aperto alle persone e alle emozioni, sui quali Saviano ironizza, è sintetizzato ed evocato un modello di città eco-sostenibile ed europea che vogliamo realizzare ma che l’assenza di risorse ci ritarda nel completare.

Certo, i trasporti non sono sufficienti. Ma è al corrente Saviano dei tagli nazionali e regionali intervenuti in modo orizzontale e massiccio ? Certo, la raccolta porta a porta dovrebbe crescere e gli impianti di compostaggio dovrebbero essere già attivi. Certo, le periferie dovrebbero vedere un intervento di riqualificazione e un piano di sviluppo radicali. Tutto questo lo faremo. Ma come può essere compiuto tutto questo, in un anno e mezzo, se una amministrazione governa di fatto in dissesto? Come può uno scrittore e un pensatore, che dice di amare la sua terra, non comprendere questo dato drammatico e non capire l’importanza di stringersi intorno alla sua città, per chiedere anche sul piano nazionale un sostegno che sia proporzionale al ruolo della capitale del Sud?

Questo populismo critico compiuto da lontano, dunque senza avere il polso diretto e quotidiano della città, cioè senza viverla la città, non può consentire uno sguardo realistico su Napoli. Perché Saviano non ha mai offerto il suo aiuto, non ha mai avanzato un consiglio, non ha mai dato una idea o una proposta per contribuire allo sforzo di rendere Napoli più bella, più vivibile, più libera? Oggi che si scaldano i motori della campagna elettorale, con le più inquietanti convergenze parallele, mi piacerebbe vedere la città non usata politicamente come testa d’ariete, almeno dai quanti vi hanno vissuto e dicono di amarla. Soprattutto me lo aspetto da un intellettuale che, come Saviano, ha gli strumenti critici e culturali per capire e per “sapere”, nel senso pasoliniano del termine.