Giovannino ha appena quattro mesi; è nato in una torrida giornata di agosto all’ospedale Sant’Anna di Torino. Dal giorno della nascita, il neonato trascorre le sue giornate nei bianchi corridoi dell’ospedale del capoluogo piemontese: i suoi genitori, che lo hanno concepito con la fecondazione eterologa, lo avrebbero infatti abbandonato, come riportato dal quotidiano La Stampa.
Neonato di Torino: una grave malattia all’origine dell’abbandono dei genitori
Il motivo è quasi certamente legato alla malattia di cui soffre Giovannino. Una patologia terrificante a dispetto del nome in apparenza goliardico: l’Ittiosi Arlecchino. Una malattia che fa crescere la pelle sette volte più velocemente del solito, obbligando chi ne è affatto a stare lontano dalla luce solare oltre a comportare gravi difficoltà respiratorie e deformità facciali. Fra due mesi il bimbo – che sembra aver superato bene la fase critica delle prime settimane – sarà obbligato a lasciare il Sant’Anna: la legge prevede infatti che l’ospedale possa farsi carico di un neonato solo fino al sesto mese di vita. Il piccolo Giovannino necessita di un’assistenza continua ma al momento nessuno si è fatto avanti per adottarlo.
Ittiosi Arlecchino: in cosa consiste questa terribile malattia ?
La patologia, di cui soffre Giovannino, comporta la mancanza di elasticità della pelle, che subito dopo la nascita diventa spessa e rigida, spaccandosi in grosse placche di forma quadrangolare: da qui il nome che rimanda alla nota maschera della Commedia dell’Arte. I bambini affetti dall’Ittosi Arlecchino, in genere non sopravvivono a lungo, poiché il loro organi non si sviluppano in modo corretto e la loro pelle non è in grado di proteggerli dalle infezioni. Peraltro la malattia trasforma il corpo di chi ne è affetto in forme grottesche e mostruose. Si tratta di una patologia così rara da non essere sempre inserita nell’elenco delle ittiosi: dalle statistiche è emerso che colpisce un neonato ogni milione. Considerata, però, la mancanza di dati epidemiologici certi, è stimato che la patologia potrebbe ipoteticamente manifestarsi in un soggetto ogni 500.000.