Mentre vanno avanti senza sosta le indagini sull’omicidio di Gianna Del Gaudio, il settimanale Giallo pubblica i contenuti di una conversazione telefonica avvenuta fra Antonio Tizzani (marito della vittima unico indagato per il delitto) e il figlio Paolo che abita a pochi metri di distanza da lui, e intercettata attraverso una cimice piazzata in casa del giovane dagli inquirenti.
Lo scambio tra padre e figlio avviene poco dopo il ritrovamento dell’arma del delitto con cui la ex insegnante 63enne la notte del 27 agosto fu brutalmente sgozzata, proprio nelle ore in cui i media ne stavano dando notizia. Paolo, in merito al taglierino ritrovato fra i cespugli di una siepe, dice al padre: “Papà, hai visto che hanno trovato l’arma del delitto? Le tracce ci diranno finalmente chi è l’assassino della mamma. Chissà dove l’hanno trovata?”.
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Il ferroviere in pensione dà al figlio una risposta che oggi, col senno di poi, appare alquanto strana: “L’assassino l’avrà gettata in un giardino”. Come poteva, Tizzani, conoscere in quel momento i dettagli di ciò che poi, nei giorni, è risultato essere vero? Perché non ipotizzare ad esempio che il killer se ne fosse liberato gettando cutter e guanti in lattice in un bidone della spazzatura o da qualche altra parte? Tizzani è preciso, parla di “giardino”, dove effettivamente l’arma è stata ritrovata. Sui guanti in lattice di colore bianco però non ci sono le sue impronte: risulta tuttavia difficile credere – se l’uomo ha raccontato la verità – che l’assassino li indossasse giacché proprio Tizzani disse che “l’uomo incappucciato aveva le mani di colore scuro”.