Uno dei motivi per i quali Giosuè Ruotolo, accusato dell’omicidio di Teresa e Costanza e Trifone Ragone, è stato arrestato, è la possibilità che possa reiterare il reato che gli viene contestato. Potrebbe uccidere di nuovo “per vendetta”, ha spiegato il procuratore Marco Martani, in quanto potrebbe covare rabbia nei confronti di chi, con importanti e decisive testimonianze, ha portato gli inquirenti a lui: Sergio Romano e Daniele Renna, suoi coinquilini e commilitoni.
Dopo il pestaggio avvenuto nel novembre 2014 per aver scoperto che Giosuè era il mittente dei messaggi molesti alla sua Teresa, infatti, Trifone avrebbe fatto a Ruotolo la minaccia di denuncia che per il militare di Somma Vesuviana avrebbe significato la fine della sua carriera nell’esercito. Una denuncia per peculato (i messaggi Facebook sarebbero stati scritti da un pc della caserma di Cordenons) sarebbe significata la rovina di Ruotolo che, per scongiurarla, avrebbe deciso di uccidere il suo rivale e la fidanzata, potenziale ‘testimone scomodo’.
A tal riguardo il settimanale Giallo ha pubblicato in esclusiva le parole dei due commilitoni, che inizialmente non collaborarono alle indagini, omettendo volutamente ciò che sapevano. Solo dopo mesi, incalzati dagli investigatori, raccontarono la loro verità: “Sì, è vero, Giosuè ci fece intendere che voleva ammazzare Trifone”. “Trifone mi riferì che qualcuno gli stava dando fastidio e gli scriveva vari messaggi su Facebook” – avrebbe riferito uno di loro agli inquirenti – “Mi disse chiaramente che sospettava che l’autore fosse Giosuè … di me si fidava e riteneva che anche Daniele non fosse capace di fare una cosa del genere … ‘e chi altri avrebbe potuto farlo?’ … Trifone era talmente arrabbiato che mi disse che avrebbe fatto a pezzi chi aveva scritto quei messaggi”.