La riforma delle pensioni continua a fare discutere. E sperare. Mentre cresce l’attesa per i provvedimenti che il Governo sceglierà di prendere dopo il tavolo di confronto con i sindacati, si rincorrono le ipotesi sul destino dei lavoratori precoci, dall’Ape al bonus contributivo (misura che, eventualmente, potrebbe andare incontro alle esigenze di chi ha cominciato a lavorare in età minorile). Ormai da molti mesi la richiesta unitaria del gruppo riguarda il riconoscimento della quota 41, ovvero quel sistema di quote che consentirebbe loro di uscire dal mondo del lavoro dopo aver versato 41 anni di contributi, senza subire alcuna penalizzazione. Il futuro di questa platea di pensionandi resta ancora incerto, anche se proprio recentemente non sono mancati segnali incoraggianti da parte del Sottosegretario Tommaso Nannicini.
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Intanto la lotta continua, nelle piazze e sulle piattaforme social. E’ il lavoratore precoce S.P. a rivolgere l’ultimo appello commovente al Matteo Renzi, immaginando che il Premier tenga ormai monitorata la pagina Facebook “Lavoratori Precoci uniti a tutela dei propri diritti”: “Le voglio far capire il perchè le chiediamo di metterci a riposo dopo tanti anni di lavoro. Lei, come la sua generazione, non sapete quanto abbiamo sofferto”. Prosegue la denuncia: “I muratori lavoravano senza le gru senza montacarichi senza betoniere, tutto andava fatto con le forze delle mani, i pesi andavano portati a mano anche al settimo piano con il padrone che ti soffiava nel collo. Si zappava la terra dall’alba al tramonto e tutto questo magari all’età di undici anni. Noi non abbiamo le prove scritte nel libretto di lavoro, le abbiamo nel fisico. E questo l’abbiamo fatto pensando ad un futuro migliore dei nostri figli, della sua generazione. Noi abbiamo 40 di lavoro marcati sul libretto ma 50 sulla pelle. Se lei ed i suoi ministri avete una coscienza ascoltatela e mandate a riposo queste persone che hanno lavorato un’intera esistenza ricostruendo il Paese.” 41 sono più che un diritto: queste le parole con cui si conclude lo sfogo.