Cosa sappiamo sulla quota 100 per quanto concerne la Riforma Pensioni 2018 proposta dal Governo Conte? Come abbiamo già evidenziato più volte, si tratta della possibilità di uscire dal lavoro quando la somma degli anni di contributi versati e l’età anagrafica dà un risultato pari a 100 anni. Questo vuol dire che se si hanno 20 anni di contributi si andrà in pensione a 80? Assolutamente no. La Pensione Quota 100, infatti, non andrebbe a sostituire la pensione di “vecchiaia”. Si ritornerebbe, in somma, al periodo precedente alla Riforma Fornero. A oggi sopravvivono alcune tipologie residuali di pensione di anzianità con le quote: si tratta delle pensioni degli addetti ai lavori usuranti, delle pensioni dei beneficiari delle salvaguardie e del cosiddetto salvacondotto. Ma anche se si andrebbe in pensione prima lo si farebbe con meno soldi.
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Pensioni 2018 quota 100 e quota 41: quali svantaggi?
Secondo il sito delle piccole-medie imprese PMI.it, il problema di fondo delle due misure previdenziali allo studio (quota 100 e 41 anni di contributi) è che l’investimento nelle attuali pensioni anticipate ridurrebbe all’osso il futuro assegno pensionistico per le prossime generazioni. Un ulteriore problema è che le novità comporterebbero penalizzazioni rispetto alle attuali regole per diverse categorie di lavoratori svantaggiati, che invece godono oggi di agevolazioni come:
- donne madri
- addetti a mansioni gravose
- lavoratori con periodi di cassa integrazione
Insomma le penalizzazioni rispetto all’attuale regime previdenziale non saranno uguali per tutti.
Pensioni 2018 quota 100: quanto si guadagnerebbe?
L’uscita dal lavoro a 64 anni, dunque con la Quota 100, potrebbe comportare un taglio dell’assegno di almeno l’8% secondo una prima stima. Calcolando questa riduzione su un lavoratore che lascia il lavoro con uno stipendio mensile di 1200 euro, con le regole attuali andrebbe in pensione a 67 anni con un assegno di 900 euro al mese; con la quota 100 lascerebbe a 64 anni con 828 euro di assegno, pari a quasi una mensilità in meno ogni anno. Come già spiegato in questo articolo, la novità di questi giorni è un decreto legge pubblicato nella Gazzetta ufficiale venerdì, ma approvato il 15 maggio scorso, quando il governo Conte non era ancora in carica e Luigi Di Maio non era ministro del Lavoro. La legge ha fissato un nuovo adeguamento che comporterà un taglio medio dell’1,2% per chi andrà in pensione nel 2019. L’adeguamento vale solo per le pensioni calcolate con il metodo contributivo.