La vita, e la morte di Peppino Impastato si intreccia drammaticamente con la storia più nera dell’Italia degli anni settanta, segnata dalle stragi del terrorismo. Il giovane Impastato fu ucciso all’età di trent’anni nella notte del 9 maggio 1978, durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative del suo paese, Cinisi, in provincia di Palermo. Peppino Impastato era candidato al consiglio comunale di Cinisi nelle liste di Democrazia proletaria e dai palchi improvvisati di quel paese portava avanti la sua lotta, la sua ribellione contro la Mafia, che dalle sue parti era rappresentata dal suo vicino di casa Tano Badalamenti. La mattina del 9 maggio 1978 fu ritrovato anche il cadavere di Aldo Moro, e la tragedia di Peppino Impastato passò inevitabilmente in secondo piano, inghiottita da un dramma nazionale più eclatante. Peppino Impastato proveniva da una famiglia mafiosa, la sua ribellione non fu soltanto a poteri esterni, ma all’interno della sua stessa abitazione contro suo padre. Sul giovane ebbero una particolare influenza la figura dello zio Matteo, liberale e dalle idee moderne e quella del pittore anticonformista Stefano Venuti, tra i fondatori della sezione del PCI di Cinisi.
Gli inquirenti del tempo, tra cui il maggiore, Antonio Subranni, poi divenuto generale e il commissario della Digos Alfonso Vella, avallarono la tesi del suicidio o di un incidente dinamitardo nel tentativo di Peppino di far saltare in aria la linea ferrata. Il suo corpo fu fatto a brandelli dall’esplosivo, furono ricomposti 30 chili di resti sparsi nel raggio di 300 metri, ma i suoi occhiali furono trovati intatti e le chiavi della casa da cui Impastato denunciava i mafiosi con Radio Aut, furono trovati tra le siepi senza segni di bruciature.
Poco distante vicino a un casolare fu trovata una grossa pietra insanguinata e diverse chiazze di sangue. Tutti questi elementi furono trascurati. Per 23 anni Peppino Impastato fu calunniato e il suo ricordo infangato, lo si voleva fa r passare per “picciotto” o per terrorista, ma lui non fu né l’uno né l’altro. Nella Sicilia che va da mafiosi come Tano Badalamenti a paladini dell’Antimafia come il giornalista Pino Maniaci, la giustizia per Peppino Impastato ha avuto che tempi lunghi ed è stata caratterizzata da pesanti tentativi di depistaggi e insabbiamenti.
I custodi della memoria di Peppino Impastato, in prima linea sua, madre Felicia Bartolotta, ricordata anche con un film su Rai Uno, suo fratello Giovanni e la cognata Felicetta, insieme ai suoi amici si sono battuti per riabilitare la vita e il ricordo di Peppino e per stabilire la verità sulla sua morte. Dopo due archiviazioni dell’inchiesta, nel 1984 e nel 1992, nell’aprile del 1995, l´indagine fu riaperta. Peppino fu iscritto postumo all’albo professionale dei giornalisti, quando nel 1997 Tano Badalamenti venne incriminato per l’omicidio del giovane. La sentenza di condanna di Tano Badalamenti è arrivata l’11 aprile 2002: ergastolo per l’omicidio Impastato, di cui viene identificato come mandante. Trent’anni per il suo luogotenente, Salvatore Palazzolo. Badalementi è morto 29 aprile 2004, all’età di 80 anni, nel carcere di Ayer, negli Stati Uniti. Salvatore Palazzolo è morto l’11 dicembre 2001. Mentre gli esecutori materiali di quell’omicidio non sono mai stati condannati. Felicia Bartolotta è morta il 10 dicembre 2004 a 88 anni.