Ancora un intervento autorevole a tutela del reddito di cittadinanza, accusato di danneggiare il mercato del lavoro e in particolare quello stagionale. Secondo alcuni osservatori, infatti, la carenza di lavoratori stagionali riscontrata in diverse aree del paese quest’anno sarebbe proprio dovuta al sussidio introdotto dal governo Conte. Questa volta a parlare, dai microfoni di Radio Cusano Campus, è Giovanni Cafagna, presidente dell’Associazione nazionale lavoratori stagionali.
Cafagna è entrato nel merito delle polemiche sull’allarme lanciato dal sindaco di Gabicce, Domenico Pascuzzi, località turistica marchigiana. Secondo il primo cittadino marchigiano ci sarebbero meno lavoratori stagionali a causa del reddito di cittadinanza. «Non è vero, il reddito di cittadinanza non c’entra nulla con la mancanza di personale stagionale – spiega Cafagna – chi ha fatto la stagione lo scorso anno non può accedere al reddito di cittadinanza. Chi conosce i requisiti per accedervi lo sa bene. E’ stata una strumentalizzazione politica, lo ha fatto il sindaco di Gabicce Mare Pascuzzi, del Partito Democratico, contrario a questa forma di sussidio e con questa mossa ha voluto denigrare il reddito di cittadinanza».

Giovanni Cafagna, presidente Associazione nazionale lavoratori stagionali
Il vero motivo della diminuzione dei lavoratori stagionali
«Il problema – spiega Cafagna nell’intervista alla radio romana – è esploso nel 2015 quando ci è stato dimezzato il sussidio di disoccupazione. Noi stagionali lavoravamo sei mesi e percepivamo poi sei mesi di sussidio. Con l’introduzione della Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, l’ammortizzatore sociale voluto dal Jobs Act, il nostro sussidio è stato ridotto a tre mesi. Questo costringe i lavoratori stagionali fissi a cercare altre soluzioni. Fare lo stagionale non conviene più farlo. Prima venivamo sfruttati ma almeno prendevamo il sussidio per sei mesi, più o meno 700/800 euro che ci permettevano di pagare le spese correnti. Ora veniamo sfruttati e il sussidio non copre l’intero anno. Rimaniamo scoperti per tre mesi e per noi è una tragedia».
I lavoratori stagionali e le condizioni di lavoro
Nella lunga intervista a Radio Cusano Campus il presidente dell’Associazione nazionale lavoratori stagionali ha anche parlato di numeri e condizioni di lavoro di questa categoria, troppo spesso dimenticata. «Ogni anno vengono attivati 500mila contratti stagionali – ha spiegato Giovanni Cafagna – la metà è rappresentata dagli stagionali fissi, lavorano sei mesi, per anni per la stessa azienda e nello stesso periodo. Io, per esempio, ho 45 anni, vivo all’isola d’Elba, sono assunto da anni dalla stessa azienda e per lo stesso periodo. I ragazzi che frequentano l’università lavorano tre mesi d’estate ma a trainare l’economia del settore turistico stagionale sono le persone adulte».
«Le condizioni di lavoro sono semplicissime, dal lunedì alla domenica, sette giorni su sette, una media giornaliera di 13-14 ore di lavoro. Non è una cosa detta a vanvera o per ingigantire il problema, è la verità. I camerieri impiegati negli alberghi, per esempio, devono coprire tre turni. La colazione dalle 6 alle 10, alle 12 riprendono il lavoro per il pranzo fino alle 15/16, infine tornano per servire la cena alle 18 fino alle 22. Il cuoco, invece, attacca alle 8 di mattina fino 14, riattacca alle 18 e finisce alle 22-23. Gli stipendi variano da un minimo di mille euro fino a un massimo, ma proprio massimo, di 1700 euro». >> Tutte le news sul reddito di cittadinanza