La revoca della concessione ad Autostrade è davvero solo una battaglia del Movimento 5 Stelle o è cambiato qualcosa nell’intricata vicenda cominciata all’indomani della tragedia del ponte Morandi? A leggere con attenzione il testo del decreto Milleproroghe approvato dal governo “salvo intese”, pare proprio di no. E la questione ora si fa interessante, perché sul presunto rapporto tra i Benetton e il PD i pentastellati hanno fatto propaganda per tutto il periodo del governo con la Lega. L’ennesimo incidente di percorso per il governo Conte bis, anche se della controversa decisione sulle concessioni autostradali non c’è traccia nel comunicato stampa ufficiale del Cdm.
Revoca concessione Autostrade: cosa dice l’articolo 32 del decreto Milleproroghe
L’indizio che porta al PD è l’articolo 32 del decreto Milleproroghe, scritto al MIT dove ora siede Paola De Micheli, maggiorente dei Dem, poco prima della convocazione del Consiglio dei ministri. Il testo licenziato dal Cdm già assegna ad Anas la gestione della rete in caso d’intervento sulla società dei Benetton. Prevede che in caso di revoca, decadenza o risoluzione di concessioni di strade o di autostrade, in attesa delle procedure per l’affidamento a nuovo concessionario, Anas può assumere la gestione della concessione. E quindi può svolgere tutte le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre che di investimento. E’ chiaro che un simile provvedimento prepara il terreno alla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Su questo provvedimento è insorta subito Italia Viva di Matteo Renzi, che per bocca di Teresa Bellanova, ministro delle Politiche agricole, ha commentato: «Siamo all’esproprio proletario».
“L’esproprio proletario” per una società che ha 5,6 miliardi di margine lordo in 9 mesi?
Certo che è davvero singolare parlare di “esproprio proletario” per la holding dei Benetton, che controlla Autostrade per l’Italia. Ha chiuso i primi 9 mesi dell’anno con un margine operativo lordo (MOL) di oltre 5,6 miliardi di euro e con un utile del periodo di 1,3 miliardi, in crescita del 79% rispetto all’analogo periodo del 2018. Ma negli ultimi anni non ha mai investito a sufficienza sulla manutenzione delle autostrade in concessione, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, dal crollo del Ponte Morandi in avanti. Non siamo noi ad affermarlo, ma un’indagine conoscitiva dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, risalente alla scorsa estate. Secono lo studio, trasmesso con atto di segnalazione da Anac a Governo e Parlamento, i concessionari autostradali hanno realizzato una percentuale di investimenti inferiore al 90% di quelli previsti.
Siamo certi che sia solo l’inizio di una lotta senza esclusione di colpi. La situazione è molto liquida: i tradizionali riferimenti della famiglia Benetton non ci sono più e nuove alleanze preparano il terreno in vista dell’imminente crisi del governo Conte bis, che farebbe tramontare definitivamente l’ipotesi di revoca della concessione ad Autostrade. Un’altra tegola pronta ad abbattersi sulla “scassata” maggioranza giallorossa, incapace persino di approfittare delle debolezze di un Salvini per la prima volta in netta contrazione di consenso e preoccupato dalle numerose vicende giudiziarie.