Ieri la Germania ha deciso: dal 1° gennaio 2015 qualsiasi lavoratore con contratto subordinato non potrà guadagnare meno di 8 euro e 50 centesimi l’ora. Un passo importante quello del governo della cancelliera Angela Merkel, che costerà alcune decine di miliardi di euro l’anno, ma che consentirà di rafforzare la pace sociale nella ex locomotiva d’Europa, fortemente provata dalla crisi.
Anche se molti osservatori storcono il naso, il provvedimento tedesco inaugura una nuova fase per il welfare europeo, alle prese con numeri ancora impressionanti per quanto riguarda tasso di disoccupazione e tempi di “rientro al lavoro”. Tuttavia, anche in Germania resta il problema dei milioni di lavoratori precari che non raggiungono comunque un reddito sufficiente per evitare il ricorso ad altri sussidi sociali.
E in Italia? Nel nostro paese il premier Matteo Renzi ha delegato al Parlamento la discussione sull’eventuale introduzione del reddito minimo. Ma se da un lato la norma potrebbe aiutare ad evitare lo scandalo di retribuzioni orarie sotto il livello di decenza, dall’altro non potrà aiutare più di tanto la creazione di posti di lavoro, anzi. L’unica soluzione per far ripartire le assunzioni è un nuovo netto taglio del costo del lavoro, questa volta però a favore dei datori. Ma sarà possibile con la politica di bilancio che ci chiede l’Europa? Con la disoccupazione di equilibrio in ulteriore crescita fino al 2015 e la debole crescita prevista sarà molto, molto difficile.