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Siria e Israele ad un passo dalla guerra

02/02/2013 18:33

L’intervento israeliano, avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì, non ha causato ingenti danni alle milizie di Assad, tuttavia ha messo a nudo l’inadeguatezza del sistema di sicurezza antiaereo siriano. Questo è stato, probabilmente, il motivo della rabbiosa reazione  della presidenza siriana. L’ambasciata  ha infatti comunicato, a mezzo del diplomatico Ali Abdul Karim, che la Siria potrebbe compiere azioni di ritorsione contro i territori israeliani. Il governo, inoltre, si è rivolto anche all’ONU affinchè non si ripetano azioni di invasione verso uno stato sovrano, invocando l’intervento di forze esterne.

La comunità internazionale continua a mostrarsi divisa. La Russia si è detta preoccupata alla notizia del raid israeliano, qualificandolo come un’ingerenza inaccettabile nei confronti di un altro stato. L’Iran, si schiera in maniera ancora più netta al fianco di Al Assad, confermando il sostegno allo stato siriano, nel caso di un eventuale attacco in risposta al raid dei giorni scorsi.

Mentre il mondo intero si interroga sul da farsi, con i paesi arabi, la Turchia e l’Occidente schierati al fianco dei ribelli e Iran, Iraq, Cina, Russia ed Hezbollah schierati dalla parte del regime, la guerra civile interna in Siria continua a mietere vittime e a mettere in ginocchio il popolo siriano, come dimostrano i 65 morti giustiziati ad Aleppo sulla riva del fiume Queiq.

Il regime di Assad infatti, contrariamente a quanti lo vorrebbero alle battute finali,  resiste, tanto che diversi  movimenti e  gruppi indipendenti  si stanno unendo per cacciare il dittatore.  E’ dal confine turco che passano la maggior parte degli approvvigionamenti bellici, grazie alla complicità dei gendarmi che di proposito lasciano scoperti alcuni punti della frontiera. Le armi leggere, dalle pistole ai Kalashnikov e dalle bombe a mano ai fucili di alta precisione, giungono dal Libano.  Non mancano i finanziamenti economici, provenienti dai siriani all’estero, dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dal Kuwait.

L’attendismo della comunità internazionale potrebbe essere giustificato dal fatto che le intenzioni dei ribelli, una volta liberato il territorio da Assad, saranno ancora più estreme di quelle imposte dall’attuale regime, essendo probabile, stando alle ipotesi ventilate, l’instaurazione di un califfato islamico e l’ applicazione della legge del taglione.