Stephen Shore è da annoverare tra i grandi della fotografia di tutti i tempi e tra i padri della moderna fotografia a colori. Questo fotografo è stato uno dei primi a comprendere l’importanza del colore in fotografia, non solo come mero fattore estetico, ma come vero è proprio strumento del linguaggio fotografico in grado di caricare le immagini di ulteriori significati.
Uno dei lavori più famosi di questo maestro è “American Surfaces” una serie di fotografie realizzate durante un viaggio attraverso gli Stati Uniti. Questi scatti sono accomunati dall’utilizzo del colore come strumento di comunicazione e da una struttura dell’immagine che ricorda le istantanee. Shore durante il suo viaggio fotografa qualsia cosa: drugstore, motel, persone, strade, semafori, riuscendo a creare un grandioso affresco della “real america”, lontana dalla retorica del paesaggio incontaminato e dal fascino del grandioso. Shore fugge da immagini stereotipate tipiche dell’immaginario americano per descrivere un’America di provincia, dove parcheggi, insegne pubblicitarie e pali della luce declinano il passaggio dal paesaggio tradizionale americano al paesaggio modificato dall’uomo, emblema del consumismo dilagante.
Shore registra le sue immagini senza alterare la realtà di quello che ha davanti, non rende i soggetti più o meno belli né tantomeno più o meno interessanti. Il punto focale di queste immagini è la realtà, che in quanto tale è in grado di per sé di narrare qualcosa a prescinde dal fatto che questa si manifesta in qualcosa di banale o meno. Al centro di questa realtà c’è sempre l’uomo, presente in ogni fotografia del maestro anche quando effettivamente non vi appare. È sempre l’uomo l’artefice delle condizioni dei paesaggi ritratti da Shore, il quale riesce a farcene percepire la presenza anche quando ci mostra una solitaria cabina telefonica ai margini di una polverosa strada che attraversa il deserto.