Una delle forme di comunicazione umana sempre più diffusa è quella relativa al corpo. Non solo e non semplicemente ornato da accessori e indumenti, ma sempre più tatuato e perforato con piercing. Il corpo è lo spazio psicologico su cui lasciare traccia, su cui incidere capitoli del proprio vissuto e del proprio ego. Il fenomeno è crescente e non può essere liquidato secondo la propria scala valoriale, ma deve essere valutato alla luce delle diverse variabili che influenzano questa attitudine che caratterizza la nostra contemporaneità.
Al corpo vengono affidati dei messaggi, simultaneamente al progressivo impoverimento del vocabolario linguistico, immediato e sempre più adattato a testi per chat e sms. La pelle diviene la superficie su cui imprimere il proprio percorso, il proprio, vissuto, la propria identità. Dai tatuaggi e dai piercing trapelano storie e significati lasciati all’interpretazione di chi ne fruisce. Il corpo rappresenta un archivio, una sorta di mappatura della propria storia personale, assumendo un valore simbolico ed evocativo che completa, e in alcuni casi sostituisce, la parola. Il tatuaggio in particolare è spesso percepito come un gesto attraverso il quale ci si ribattezza ad una nuova coscienza di sé con un segno indelebile. La scelta perciò è bene che scaturisca da una meditazione profonda, poiché dovrà resistere ai cambiamenti e alla trasformazione della persona.
Spesso questi tipi di ornamento sono dettati dalla sfida del divieto e del dolore, oppure dalla voglia di visibilità, di emancipazione e di riconoscimento. Qui entra in gioco il fattore di appartenenza ad un gruppo con una forte valenza aggregativa. Se invece la motivazione è quella di seguire una tendenza, il vero alternativo è chi non si lascia influenzare. Il nodo più importante rimane quello della responsabilità delle scelte che si dovrebbero sempre basare sulla salute e il rispetto per sé stessi.